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Animali, curarli con la medicina non convenzionale

Fitoterapia, omeopatia, floriterapia, agopuntura per la scarsa o nulla tossicità e per la loro natura estrattiva e non sintetica sono la scelta giusta per i nostri amici a 4 zampe

David Satanassi - 19/05/2014




Da Ippocrate ad Hamer, la terapia ha fortunatamente incontrato il genio illuminato di Hahnemann, che per primo ha avvertito la necessità di togliere la tossicità e la sacrificalità alla terapia, sublimando la parte curativa dal veleno in cura. Ciò avviene attraverso un passaggio simil alchemico della cura stessa, diluendola e “succuotendola”, cioè arricchendola di energia cosmica ed entrando in quella che la relatività esporrà come l’”inversione dell’energia rispetto alla materia”.

Questa trasmutazione della medicina amara in medicina dolce è il più importante passaggio filosofico e metodologico nell’abbattimento del paradigma espiativo e nel recupero di quella purezza che deve avvenire senza sacrificio, ma come uno stato di maggior consapevolezza attraverso un mezzo propiziatorio, possibilistico, inducendo nella guarigione il carattere di una scelta. Il mezzo velenifero, ovvero la terapia soppressiva, distoglie il malato dall’osservazione riportandolo unicamente a una condizione di necessità e coercizione; in questo caso lo stato di abbandono di un presupposto patologico non viene mai accolto come possibilistico.

Si fugge solamente da dove l’incendio divampa, così è distrutta la casa e il salto procura fratture irreparabili: la coscienza non cambia e la medicina amara rende malevolo anche colui che la destreggia, il terapeuta, che diviene il boia e la malattia resa inguaribile.

La scelta terapautica in ambito animale

Con queste premesse, la scelta terapeutica in ambito animale è assai complessa, considerando che il soggetto in questione è “muto”, privo di “colpa”, con una connaturata sanità/vitalità, una proverbiale forza e strenua reattività. Quale sarebbe dunque la medicina più giusta, più eticamente adeguata, filologicamente vicina al suo volere di creatura più prossima alla perfezione originaria, al “cominciamento”?

Qualora il condizionamento non prefigga nessuna via di fuga, quale potrà essere la terapia adeguata per un animale che non chiede una terapia, non vuole e mal tollera veleni, non vuole né necessita di contaminazioni poiché il suo terreno è più puro; che non teme la morte e il dolore in quanto ha meno vita ma più vitalità? Quale sarà il suo volere muto o il suo non volere? E ancora: esiste un obbligo morale nella terapia? Quale sia il suo percorso ontologico e la sua dignità, come possiamo pensare che necessiti della terapia soppressiva? Sarebbe una mancanza di umiltà dell’uomo considerare tutto, animali compresi, a sua immagine e somiglianza, omologando ancora una volta nel suo specchio antropocentrico ogni alterità biologica.

Il dolore, massima espressione emotiva di reazione resa e tradotta da sintomo a malattia, costituisce il più grave danno nell’interpretazione semiotica della malattia: la morte non è vissuta come un dramma poiché l’animale è troppo intento a vivere per interessarsene e l’angoscia non è mai di tipo esistenziale, ma vissuta semmai in seno all’attività coercitiva dell’uomo sull’animale stesso. Come il Dio cristiano si è fatto uomo per essere compreso, così l’uomo dovrebbe farsi animale e cercare in quegli ambiti emotivi quale possa essere il suo volere muto. Solo in quella dignità scoprirà la maggior forza e l’incontaminazione.

Correggere invece la natura significa giudicarla imperfetta. È per questi fondamentali motivi etici, filosofici e morali, che la terapia convenzionale è giudicabile non adeguata alle necessità animali, per questo vanno condannati tutti i trattamenti soppressivi e aventi carattere di contaminazione. Calzante in tal senso l’esempio dell’uso dello psicofarmaco, che oltre alla personalità toglie ogni connotato di istintiva natura a favore di una nuova identità farmacoindotta come trattamento sanitario obbligatorio (TSO).

Medicina non convenzionale per gli animali

La medicina non convenzionale quindi è, e deve essere, la scelta prioritaria per ogni approccio terapeutico, ricordando come essa si avvalga della decontaminazione del farmaco. Privato infatti della sua velenosità, attraverso l’estensione hannemanniana al concetto di purezza non sacrificale, la medicina non convenzionale trova nelle miscele e nelle diluizioni il mezzo più prossimo all’origine, negli estratti vegetali ciò che in natura è già a disposizione degli animali stessi, nell’essenza (come essenzialità), nell’alcool come “spirito”, ciò che è di più di vero e minimo indispensabile esista, evitando di cadere nella presunzione di un trattamento obbligatorio o nella contaminazione di un vaccino non vagliato dalle vie naturali, ma potremmo dire inflitto tramite un’azione invasiva e adiuvata.

Perciò, alcune delle cure naturali e medicine alternative (fitoterapia, omeopatia, floriterapia, agopuntura) per la scarsa o nulla tossicità, per la loro natura estrattiva e non sintetica, per la loro via di somministrazione, per la sperimentazione incruenta, rappresentano il punto di riflessione per una nuovo approccio alle terapie all’animale, estrinsecando una filosofia zooantropologica che reietti l’antropocentrismo più austero e totalizzante a favore di una cosciente ecofarmacologia.


L’omeopatia hahnemanniana

L’omeopatia unicista, detta anche omeopatia classica o omeopatia hahnemanniana, è diffusa in tutto il mondo e ha due secoli di meritata storia; è l’omeopatia del suo fondatore C.F.S. Hahnemann (1755-1843) e di J.T. Kent (1849-1916) che completò l’opera di Hahnemann con il Kent’s Repertory. La cura di omeopatia unicista è sempre individualizzata con il medicinale omeopatico unitario (detto anche rimedio unitario) che consta di un solo principio curativo alla volta: il simile scelto tra più di 650 rimedi unitari.

Il medicinale unitario cura la malattia attraverso la sua azione pura sul malato intero e, se somministrato sperimentalmente a una persona in salute, produce una malattia artificiale molto simile alla malattia naturale che cura nel malato: è questo il principio di similitudine.

 

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Articolo tratto dalla rivista nr. 36


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Categorie: Critica al Sistema Sanitario























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