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Il fallimento della Costituzione Europea

Quando “Europa” significa trasferire i burocrati dall’Italia a Bruxelles - tratto da CONSAPEVOLE 12

Eduardo Zarelli - 11/10/2007




Dopo la trasformazione della Costituzione in Trattato Eduardo Zarelli si chiede se sia ancora possibile parlare di Europa e in quali termini. Se la partecipazione popolare è esclusa, se le oligarchie economiche e burocratiche la fanno da padrone, se il potere delle banche si fa sempre più forte e se la globalizzazione è diventata ormai la linea guida, è ancora possibile costruire un’Europa dei popoli, fondata sul rispetto delle comunità e sul pluralismo culturale ed economico?

È nelle parole di Blair e Sarkozy che si legge il futuro dell’Europa. Non una Costituzione ma un trattato semplificato, che non necessiti dunque dell'approvazione tramite referendum popolare, ma solo dell’accordo dei Ministri e dei capi di Governo di ciascuna Nazione. I poteri e i fautori dell’Unione Europea hanno deciso di superare così gli ostacoli della bocciatura da parte dei cittadini che, negli unici casi in cui sono stati consultati, hanno detto esplicitamente no ad una Costituzione Europea che sradicasse la sovranità popolare.
Le resistenze della popolazione francese hanno spinto così ad un cambiamento di strategia e di approccio nei confronti dell’opinione pubblica da parte del neopresidente Sarkozy, ma non hanno intaccato l’obiettivo fondamentale, che rimane quello di adattare il sistema economico alla globalizzazione. Tale progetto era già stato anticipato da Tony Blair mesi fa, quando si propose, sullo scenario politico internazionale, come fautore della “Nuova Europa”, intesa non come semplice unione commerciale tra Stati. Una proposta ripresa durante il recente G8, al fine di sottolineare sia l’intenzione di abbandonare la Costituzione Europea – data l’avversione dell’opinione pubblica – sia la possibilità di creare una federazione europea nel Mediterraneo a vocazione “atlantica”. Tale progetto è emblematicamente caratterizzato dalla possibilità di creare una ennesima “Banca del Mediterraneo”, incaricata di promuovere gli investimenti per la promozione dello “sviluppo” nelle aree più svantaggiate: si avrebbe così la creazione, nel Mediterraneo, di quella zona di libero scambio che porterebbe all’occidentalizzazione gli interlocutori extraeuropei, senza rispettarne l’identità culturale, sociale ed economica.

L’Europa delle élite oligarchiche
Il fallimento delle consultazioni referendarie degli elettori francesi ed olandesi nel 2005, ha chiaramente dimostrato che l’idea di Europa intesa come istituzione giuridica è defunta: resta l’obiettivo di fondo delle élite oligarchiche da portare a termine. La soluzione franco-inglese sembra essere un compromesso ideale per ingannare l’opinione pubblica che non vuole la Costituzione Europea, perché si tratterebbe di perpetuare un sistema “dei trattati” che già esiste, di fatto, e che evolve con l’instaurazione di un regime decisionale accentrato nelle mani della Commissione. L’obiettivo, infatti, è quello di instaurare comunque un sistema burocratico accentrato nelle mani di organismi ed entità “invisibili”, in spregio alla volontà e sovranità popolare. La Commissione Europea è una entità formata da funzionari istituzionali che, «nell’adempimento dei loro doveri, non sollecitano né accettano istruzioni da alcun governo né da alcun organismo […]. Ciascuno Stato membro si impegna a rispettare tale carattere e a non cercare di influenzare i membri della Commissione nell'esecuzione dei loro compiti» (art. 157 del trattato istitutivo della Unione Europea).
Il Parlamento Europeo che ha sede a Bruxelles ci chiama al voto, ma poi i parlamentari hanno un ruolo consultivo e non possono interferire su quello che le Commissioni decidono. Vorremmo dunque sapere di che democrazia stanno parlando: tutto si riduce ad un “governo di tecnici”, in cui chi ha orchestrato la truffa, ha già studiato il suo alibi. L’Unione Europea è costruita per ridurre il potere dei popoli che dovrebbero costituirla, e ottenere il controllo delle economie locali, sacrificate sull’altare dalla Banca Centrale.
Emblematico a tal riguardo un recente sondaggio nei 25 paesi della Comunità europea che mostra – in linea con la disaffezione alla politica nelle società occidentali – come il 71% dei consultati ha una “cattiva opinione” dei suoi politici, che il 76% non ha fiducia di loro, che il 49% li giudica “corrotti” e che il 70% non dà fiducia né alla sinistra né alla destra per governare. Questa distanza che divide la classe politica di ogni tendenza dall’elettorato – e soprattutto dall’elettorato popolare dai redditi più bassi – spiega l’aumento crescente di ciò che il politologo Dominique Reynié definisce “la dissidenza elettorale”, che corrisponde alla somma di coloro che non votano, di coloro che votano scheda bianca o annullano la scheda e di coloro che votano per partiti che non hanno la benché minima possibilità di arrivare al potere. Questa “dissidenza” rappresentava mediamente circa il 20% degli elettori negli anni ’70. È balzata al 50% nelle tornate elettorali degli ultimi anni, configurandosi in tal modo come una sostanziale diserzione civica.

L’Europa dei popoli
Dobbiamo quindi rassegnarci a questa deriva impolitica, priva di socialità e quindi di giustizia e bene comune? Resta attuale una concezione europea, continentale? Si, a patto che non sia statalista* però. A questo rischio si può ovviare scegliendo il modello più appropriato. Esso deve essere rigorosamente federalista**, e inoltre deve partire dalle autonomie. Attualmente, invece, l’Ue propone soltanto di esportare il centralismo*** su scala europea. Vogliono solo sostituire Bruxelles a Roma, Amsterdam o Parigi. Noi non abbiamo nulla da guadagnare nel cambiare dei burocrati romani con altri di Bruxelles, o nel trasferirli dalle vecchie capitali a Bruxelles. Attualmente, siamo giunti al paradosso che l’Europa è presente dove dovrebbe essere assente, cioè nella vita dei popoli che hanno bisogno di autonomia, ed è invece assente dove dovrebbe essere presente, cioè sulla scena internazionale, come soggetto politico indipendente.
Un’organizzazione politica europea alternativa parte dalla base, contro le oligarchie burocratiche, e deve essere impostata su quattro pilastri: identità, volontarietà, autonomia e partecipazione. L’Autorità, infine, deve fluire dalla base verso l’alto. Per difendersi dalla morte giuridico-economica, i popoli d’Europa devono proprio ripartire dalla base, dalla partecipazione, dalla democrazia diretta e dal contesto locale. In fondo, anche gli Stati nazionali sono burocrazie come quella di Bruxelles: per questo nessuno Stato contrasta veramente Bruxelles. È quindi necessario estendere la partecipazione e interessare la gente alla vita politica, ovunque sia possibile. Soprattutto lo Stato non deve essere il monopolizzatore della vita sociale. Solo così essa potrà essere davvero autentica, specchio fedele della vita di un popolo, ed efficace strumento di sovranità, cioè una comunità.
Europa sì quindi, ma Europa dei popoli, cioè Europa della sovranità popolare dal basso, Europa delle comunità. Le banche devono ridursi a strumento economico, socialmente trasparente e partecipato, non arma impropria di potere. Il peggio è ciò che c’è dietro le banche: una visione del mondo dove tutto ha un prezzo ma niente ha più valore; una logica che oggi inaridisce ogni ideale e in più dirige gli stili di vita verso l’insostenibilità dei consumi ed il contrasto tra cultura e natura.
I Popoli d’Europa non aspirano al suicidio e quindi non si meritano l’Unione Europea, ma una comunità di comunità. In questo caso, si potrebbe cogliere nel destino dell’Europa un’inversione di tendenza rispetto alla globalizzazione in atto, e un progetto di civiltà.


NOTA BENE!
L’Europa delle banche e delle assicurazioni e delle multinazionali: cosa significa?
Significa che l’Europa liberalizza, agevola e semplifica solo tenendo conto dei poteri forti, raramente dei diritti del consumatore e del cittadino.
Infatti non si fa scrupolo di deliberare per far scomparire dall’etichetta degli alimenti il paese di origine (a vantaggio delle multinazionali, a svantaggio del consumatore che non può più operare scelte consapevoli in campo alimentare, ma anche economico) o di decretare, il 12 giugno scorso, che un prodotto biologico può contenere lo 0,9% di OGM (a vantaggio dei produttori di OGM, a svantaggio del consumatore che, pensando di acquistare bio, si trova a mangiare OGM!).


Glossario
*Statalismo: tendenza ad attribuire allo Stato un potere di intervento in campo economico e sociale sempre più alto; eccessiva intromissione dello Stato in campo economico e sociale.
**Federalismo: dottrina politica che sostiene la federazione di più stati o di più regioni. Gli stati o le regioni, dotati di una costituzione unica e di un unico governo, mantengono un’ampia autonomia nei poteri esecutivo, legislativo e giudiziario.
***Centralismo: sistema di governo che tende ad accentrare il potere politico e amministrativo negli organismi centrali dello stato.

 

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Categorie: Politica e Informazione


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