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Medicine Complementari e Alternative: la situazione normativa in Italia

Claudio Santoro - 07/07/2008




È ormai indubbio che l’assistenza sanitaria convenzionale, mediante approcci altamente scientifici, abbia raggiunto elevati livelli qualitativi (soprattutto per quanto concerne l’“estirpazione” della malattia), così come è indubbio che l’approccio non convenzionale riesca a dare maggior risalto alla cura della salute, alla prevenzione ed al rapporto terapeutico.
Per Complementary and Alternative Medicines si è soliti intendere “un ampio gruppo di sistemi di cura della salute, di diagnosi e di terapia, diversi da quelli normalmente inclusi nel sistema sanitario ufficiale (WHCC.A.M. 2002)”.
Benché molto eterogenee tra loro, esse hanno in comune la caratteristica di tendere all’individualizzazione del trattamento, di dare enfasi alla prevenzione ed allo stile di vita, di promuovere la responsabilità della propria cura, di riconoscere gli aspetti psicologici e spirituali della persona nella sua integrità. Aspetti che, pur non essendo teoricamente negati, sono spesso sottovalutati o addirittura ignorati dalla prassi medica corrente.
Il sistema non convenzionale si struttura essenzialmente su metodiche che tendono ad individualizzare ciascun trattamento, dando enfasi alla prevenzione ed allo stile di vita, promuovendo la responsabilità della propria cura oltrechè il riconoscimento degli aspetti psicologici e spirituali della persona, comunque intesa nella sua integrità.
Se è vero che l’interesse primario è quello di tutelare la “salute” (tutela dello stato di benessere) prima ancora che la “sanità” (ripristino dello stato di benessere), allora è anche vero che i due sistemi devono necessariamente integrarsi l’un l’altro (BMA 1993; Eskinazi 1999; Ernst 2000; Rees and White 2001; Bellavite et al. 2001; WHCC.A.M. 2002; Marwik 2002).
Le medicine complementari ed alternative, sinora tollerate all’interno dei sistemi di cura tradizionali, non hanno potuto esprimere appieno le loro potenzialità nella tutela della salute del cittadino, nè organizzarsi secondo sistemi di regolamentazione ufficialmente riconosciuti, che avrebbero consentito, accanto ad un controllo della qualità dei livelli terapeutici espressi, il loro coordinamento con la medicina convenzionale in un’utile opera di integrazione, non dissimilmente da quanto avviene in altri Paesi europei.
Secondo un’indagine CENSIL del 2005, sono più di nove milioni gli italiani che costantemente si rivolgono a pratiche di medicina non convenzionale. Una percentuale che, sebbene elevata, sembra quasi una briciola rispetto a quel 70% di italiani che, invece, richiede a gran voce che dette discipline rientrino a far parte ufficialmente del sistema sanitario (CENSIL 2005).
Forte di questi dati, in Italia si è dato inizio, ormai da qualche anno, a programmi di sperimentazione che, presso Aziende Sanitarie Locali ed Aziende Ospedaliere, si sono incentrati prevalentemente sull’utilizzo della fitoterapia, dell’omeopatia ovvero di tecniche riflessogene e di rilassamento, particolarmente utili nel trattamento del dolore, delle tensioni, delle ansietà e della depressione.
Il rischio che si corre, però, sia esso per una conoscenza non sempre approfondita di quelle discipline ovvero per una mancata condivisione dei principi su cui le stesse si fondano (dettata da una formazione accademica evidentemente meccanicistica), è quello di snaturalizzare le Medicine Alternative e Complementari, concependo come “patologia” ciò che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha invece più volte definito con la sigla C.E.S.E. (“Cumulation Effects of Subclinical Everything)” ovvero “cumulo di effetti determinato da ogni alterazione non patologica”.
Nonostante tutto i risultati raggiunti tanto in termini di costi quanto in termini di obiettivi, possono sicuramente dirsi ragguardevoli.
Perché, allora, al pari di quanto già non avvenga negli altri stati, non si provvede a riconoscere e formare Operatori C.A.M., specializzati nelle diverse discipline?
Le disposizioni normative dei Paesi che hanno ufficialmente riconosciuto le pratiche non convenzionali (a prescindere dal relativo inquadramento all’interno del sistema sanitario), hanno dapprima espressamente individuato quali fossero gli atti ad esclusivo appannaggio del medico-chirurgo (procedure chirurgiche, procedure ostetriche, cateteri ed endoscopie, punture ed iniezioni, anestesia generale, procedure che coinvolgono l'utilizzo di sostanze radioattive e radiazioni ionizzanti, cardioversione, defibrillazione, terapie elettroconvulsive, litotripsia e inseminazione artificiale, trattamento delle malattie veneree, tubercolosi e altre malattie infettive, prescrizione di farmaci che richiedono ricetta medica, constatazione decesso), quindi tutti quelli esperibili dagli operatori inquadrati nel sistema delle medicine non convenzionali.
È spiacevole dover registrare quanto l’Italia, anche nel campo delle Medicine Complementari ed Alternative, sia differente dagli altri Paesi Comunitari.
Nel Regno Unito, è il “diritto consuetudinario” a regolare l'esercizio delle C.A.M.; alle associazioni professionali è demandato il compito di regolamentarne l'esercizio (preparazione, codice deontologico, ecc.). Ai naturopati è consentito firmare i certificati di malattia o di inabilità al lavoro proficuo, che il Ministero della Sanità riconosce alla stessa stregua di quelli rilasciati dai medici.
In Germania gli Heilpraktiker sono ufficialmente riconosciuti dal 1939 sebbene introdotti costituzionalmente tra il 1869 ed il 1873 con la libertà di cura. Hanno uno status giuridico pari a quello dei medici.
In Danimarca dal 1970, i non medici possono praticare atti specifici che non siano già riservati ai medici allopatici, a meno che non li svolgano sotto la diretta supervisione di quest’ultimo.
In Francia sebbene a suo tempo non ancora legalmente riconosciute, già dal 1982, l'Università di Bobigny istituì il Dipartimento di Medicine Naturali, erogando diplomi in agopuntura, omeopatia, fitoterapia, osteopatia, auricoloterapia, naturopatia, oligoterapia e mesoterapia.
In Liechtenstein dal 1985, piena libertà di esercizio per gli operatori C.A.M., con limitazioni ai soli atti non specificamente medici.
In Olanda dal 1993, con la legge Individual Health Care Professionals Act, operatori non allopatici sono stati elevati allo status di paramedici ed autorizzati alla pratica della medicina.
In Finlandia le C.A.M. sono regolamentate dal 1994, praticabili in strutture pubbliche (dove acquistano una matrice sanitaria) ovvero privatamente.
In Ungheria, con due specifiche direttive tese a regolamentare le C.A.M., nel 1997 sono stati introdotti i “Natural doctors”, medici non allopatici.
In Belgio dal novembre 1999 è in vigore la legge che riconosce le organizzazioni professionali di coloro che esercitano una pratica non convenzionale o ritenuta tale nell'ambito della medicina.
La Norvegia ha sempre avuto una notevole apertura nei confronti delle pratiche e discipline salutistiche, sin dal 1619. Nell'anno 2003, è stata varata una legge sulle discipline complementari che sancisce il riconoscimento degli operatori non medici similmente al modello anglosassone.
In Portogallo dal 2003 è stata proclamata la libertà di scelta terapeutica del cittadino come diritto innegabile. Le C.A.M. sono state assunte dal sistema normativo come “quelle pratiche e discipline che partono da una base filosofica differente dalla medicina convenzionale per applicare propri specifici processi di diagnosi e cura”, riconoscendo agopuntura, chiropratica, naturopatia, fitoterapia, omeopatia, osteopatia.
In Spagna dal 2005, l’Istituto Universitario “Real Maria Cristina” eroga corsi di formazione universitaria per Operatori C.A.M. (Naturopatia, Medicina Tradizionale Cinese, Osteopatia e Chiropratica).
In Svizzera gli Operatori C.A.M, in qualità di terapeuti complementari, sono riconosciuti in tutti i Cantoni.
In U.S.A., Sud Africa, Canada, Nuova Zelanda e Australia, la legislazione riconosce gli Operatori Olistici, sebbene con mansioni diverse tra Stato e Stato.
Un elenco evidentemente lungo e noioso ma, quanto più risulterà lungo e noioso, tanto più sarà da considerare grave il ritardo accumulato negli anni dal nostro bel Paese.
L’Italia, infatti, come già detto, “semplicemente” tollera le Medicine Alternative e Complementari… e lo fa sempre e solo, considerandole “atto medico”!
Tanto è vero che a Terni, nel 2002, la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCeO), in presenza di un vuoto legislativo, si è sentita in dovere di riconoscere la medicina ayurvedica, la medicina antroposofica, la medicina omeopatica, l’omotossicologia, la medicina tradizionale cinese, l’agopuntura, la fitoterapia, l’osteopatia e la chiropratica come di esclusiva competenza del medico chirurgo e dell’odontoiatra.
Ma cosa hanno in comune queste discipline con la chirurgia e l’odontoiatria?
Perché ci si ostina a sostenere un sistema ordinistico che esclude a priori qualunque possibilità di allargamento degli orizzonti della medicina?
Ogni anno, presso le facoltà di medicina e chirurgia, il laureando è chiamato a prestare giuramento secondo una formula che, almeno inizialmente, doveva essere un inno alla prevenzione, un richiamo a quei processi che inducono l’organismo a debellare naturalmente la minaccia patogena.
Il giuramento ippocratico, nella sua formulazione originaria, faceva espliciti riferimenti ai rimedi offerti dalla natura, vietava la somministrazione di rimedi che potessero risultare velenosi, rifiutava la pratica di ogni intervento che avesse una natura chirurgica demandando, per questo, a specialisti opportunamente preparati…
L’Operatore delle Medicine Alternative e Complementari, è parte integrante di questo mondo, qualsivoglia sia la sua estrazione.
Le Medicine Alternative e Complementari fanno chiaro riferimento al Corpus Ippocraticum ed al modo di vivere la salute espresso dalla sua antica “ars medicina”:
- riconoscono nell'ambiente, nelle condizioni meteorologiche, nelle sostanze di cui si compongono acqua ed alimenti, le possibili cause di malattia;
- si avvalgono dell'osservazione e dello studio delle manifestazioni di terreno, per compiere valutazioni, prevedere il decorso di uno squilibrio ovvero puntare alla sua correzione;
- si rifanno alle capacità che un adeguato regime alimentare, una moderata attività fisica ed un corretto stile di vita, possano avere sullo stato di salute delle persone.

Lodevole l’iniziativa legislativa condotta da purtroppo ancora poche Regioni, tra l’altro tutte del nord d’Italia: ma non basta!
Servono provvedimenti spendibili da tutti gli Operatori C.A.M., su tutto il territorio nazionale!
Se da un lato non posso che muovere le mie congratulazioni ai Chiropratici, che con maestria hanno saputo sostenere e far valere i propri interessi, ottenendo, con la finanziaria 2008, il tanto agognato riconoscimento tra le “professioni sanitarie”; dall’altro mi chiedo: “perchè si è deciso di portare la Chiropratica agli onori degli altari, relegando Osteopatia, Tui Na, Schatsu, Ayurveda, Omeopatia, Naturopatia, ecc. ai confini della realtà?”
Eppure, ad esempio, tra le C.A.M., la Naturopatia sarebbe quella maggiormente deputata a raccogliere l’eredità dell’ippocratica arte.
Codificata nel “Nature’s path” (“sentiero della natura”) già a partire dal XIX sec. (U.S.A.), consiste in un insieme di pratiche finalizzate al mantenimento della salute e del benessere globale dell’individuo. La sua filosofia trova piena soddisfazione nei principi dettati qualche anno fa dall’O.M.S. (Organizzazione Mondiale della Sanità): “la salute non è soltanto l’assenza di malattia, ma è uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale”.
Nel rispetto di quanto sancito dall’ordinanza inappellabile n°149 del 1988 della Corte Costituzionale Italiana secondo cui “non è medicina” eseguire valutazioni ortostatiche generali e locali, fornire suggerimenti riguardanti stile di vita, alimentazione, uso di prodotti naturali e intervenire su articolazioni con manipolazioni mirate (…in questo contesto anche il dubbio relativo “l’esercizio illegale dell’arte medica”, dal punto di vista giuridico, sarebbe da ritenersi “del tutto irrilevante”), il Naturopata può definirsi un educatore alla salute, a cui sarebbe dato di “…intervenire sulla persona in stato di salute ovvero affetto da C.E.S.E. (quel cumulo di effetti determinati da alterazioni non patologiche) nell'ambito dell'educazione, prevenzione e assistenza al benessere, con metodiche manuali, bioenergetiche e nutrizionali.
È quindi per definizione che il Naturopata lascia doverosamente alla medicina ufficiale ciò che la legge inquadra come prerogativa dei Laureati in Medicina e Chirurgia, ovvero in Odontoiatria e Medicina Veterinaria.
È paradossale dover osservare come, in Italia, ci si interroghi sulla scientificità dei risultati ottenuti con la pratica dell’omeopatia (comunque praticata da professionisti della salute) piuttosto che, ad esempio, sulla capacità effettiva di tatuatori ed estetisti di gestire, anche al di fuori di situazioni di emergenza, il potenziale chirurgico messo a loro disposizione dalla normativa vigente.
Nell’ultima edizione dell’Herrison si legge: “la pratica della medicina combina scienza ed arte. Il ruolo della scienza in medicina è chiaro. La tecnologia scientifica ed il ragionamento deduttivo sono il fondamento della soluzione di molti problemi clinici. Eppure, l’abilità nelle applicazioni più avanzate di laboratorio e di farmacologia non fa, di per sé, un buon medico. La combinazione di conoscenza, intuizione e capacità di giudizio definisce l’arte della medicina, che è tanto necessaria quanto lo è una solida base scientifica”.
L’auspicio non è solo quello di ottenere un riconoscimento istituzionale delle C.A.M. praticabili da operatori opportunamente preparati, a prescindere dalla loro appartenenza alla categoria medica (in linea con le direttive comunitarie), quanto, piuttosto quello:
- di avviare una ristrutturazione del sistema salute;
- di avviare procedimenti formativi tali da creare veri professionisti, capaci di offrire il miglior servizio possibile al cittadino, nel pieno rispetto dei suoi diritti fondamentali;
- di rendere “pari dignità” agli operatori italiani rispetto ai propri colleghi europei.
La libertà della scelta terapeutica (pur mantenendo elevati gli standard di sicurezza ed informazione), è un diritto del cittadino; la difesa di questo diritto da una sempre più diffusa promozione della “ciarlataneria”, è un dovere delle Istituzioni.

LE COMPLEMENTARY AND ALTERNATIVE MEDICINES
Intervento del Dr. Claudio Santoro al Convegno
“Direzione Sanitaria per Naturopati”
Darfo-Boario (BS), 28 giugno 2008

 

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Categorie: Alimentazione e salute,Critica al Sistema Sanitario











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