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Permacultura: la rinascita della cultura agricola

Valerio Pignatta - 11/06/2008




Il seguente articolo è tratto dalla rivista Consapevole 11.

Cura della terra, cura delle persone e investimento del surplus di tempo, denaro e materiali al fine di realizzare questi obiettivi: la permacultura non è soltanto un sistema agricolo, ma un pensiero etico e filosofico, di pace e di cooperazione.
Con la convinzione che coltivando noi stessi il nostro cibo si possa riconquistare il perduto rapporto con la natura e vivere in maniera migliore.

È uscito da poco per l’Editrice AAM Terra Nuova un testo base della cultura alternativa nel mondo. Si tratta dell’opera di Bill Mollison sulla permacultura, disciplina da lui stesso ideata trent’anni fa in Australia e oggi diffusa in tutto il mondo.
La permacultura (e volutamente non “permacoltura”) è proprio un incrocio tra agricoltura naturale e filosofia di vita all’interno di una griglia interpretativa del mondo che vede la natura come un patrimonio di valore inestimabile e da salvaguardare.
Mollison ha lavorato per molti anni come ricercatore presso la Wildlife Survey Section e il Tasmanian Inland Fisheries Department e poi presso l’Università della Tasmania. Nel 1974, di fronte alla crescente crisi ambientale, ha dato l’avvio, insieme a David Holmgren, a un sistema di coltivazione sostenibile incentrato sulla policoltura con specie arboree perenni, arbusti e specie erbacee, al quale appunto ha dato il nome di “permacultura”, ossia, in forma contratta, agricoltura e cultura permanente (“permanent agriculture” e “permanent culture”).
Il libro appena tradotto e pubblicato nel nostro paese (e corredato da disegni esplicativi), e scritto da Mollison insieme a Reny Mia Slay (sua collaboratrice da vent’anni), costituisce la sintesi del pensiero che il fondatore è venuto elaborando in tutti questi anni. Superata la fase iniziale di verifica e di sistemazione dei principi base della disciplina, oggi questa nuova scienza si presta ad essere applicata, con efficacia e certezza di risultati, in ogni parte del pianeta.

Sul pianeta a passo leggero
Ora più che mai si sente il bisogno di abitare la natura e il pianeta in modo leggero e non invasivo. I cambiamenti climatici in corso e le guerre per le risorse energetiche ci dicono chiaramente che non è più possibile procrastinare interventi decisivi in una direzione di tutela delle creature che abitano questo verdissimo pianeta terrestre.
La permacultura in effetti è proprio «un sistema dei progettazione per la creazione di insediamenti umani sostenibili». Reintegrandosi completamente nella natura, senza ambizioni di superiorità, l’essere umano può forse superare l’errore tragico che lo sta spingendo alla catastrofe. Lo sfruttamento delle risorse ambientali per la realizzazione di un’esistenza caratterizzata dal superfluo è il risultato della cultura occidentale dominante, che considera l’uomo “il padrone del creato”.
La permacultura, invece, promuove un tipo di agricoltura e di stanzialità umana nella natura che non distrugge nessun essere vivente (se non in caso di estrema necessità), utilizza flussi di energia e interrelazioni tra specie vegetali e animali già esistenti e impiega per il sostentamento alimenti e risorse naturali presenti in grandi quantità, senza dunque la necessità di distruggere altra vita.
Con installazioni ispirate ai principi della permacultura è possibile ridurre il consumo energetico pro-capite sino al 40%, senza sacrificare nulla di necessario. Non solo le nostre colture, infatti, ma anche le nostre case possono essere riadattate in questo senso. Il ciclo dell’acqua può essere fortemente facilitato e non impoverito. Possiamo produrci il nostro cibo in una maniera davvero impensabile, riducendo la nostra dipendenza dal mercato globale e dalle multinazionali che ci rifilano cibo spazzatura e depauperano il pianeta di tutte le risorse indispensabili alla vita di migliaia di specie animali e vegetali. Neppure Mollison, inizialmente, aveva un’idea di quello che fosse possibile applicando questo tipo di nozioni agricole. «Prima di leggere il libro di Masanobu Fukuoka, The One Straw Revolution [La rivoluzione del filo di paglia] – scrive lo stesso Mollison – non credevo esistesse un metodo soddisfacente per inserire la coltivazione di cereali e leguminose (come colture principali) nell’ambito della permacultura. Il suo sistema ha risolto i problemi della coltura di cereali senza aratura. In breve, tale sistema riduce l’usuale rotazione: leguminose-cereale-coltura a radice-pascolo-riposo-leguminose, a una singola coltura mista di cereali e leguminose. L’idea consiste nel seminare la coltura seguente già in mezzo a quello che sta maturando. Il sistema usa il principio della pacciamatura continua con trifoglio, unita alla doppia coltura seminando cereali in inverno e in primavera. Questo è ciò che rende possibile utilizzare piccole aree (400 metri quadri o anche meno) per soddisfare i fabbisogni alimentari di una famiglia». Avete letto bene: 400 metri quadri per soddisfare le esigenze alimentari più importanti di una famiglia! Non è una superficie che non ci si può permettere! E ce ne sarebbe abbastanza per tutti.

Oltre l’agricoltura: un sistema organico umano
Tuttavia la permacultura ha assunto un significato che va ben oltre la mera autosufficienza alimentare (argomento di crescente e fondamentale importanza a mio avviso): «La capacità di provvedere al proprio sostentamento alimentare non significa nulla se la gente non ha accesso alla terra, alle informazioni e alle risorse finanziarie. Per questo la permacultura si occupa anche di strategie legali e finanziarie appropriate, incluse quelle per facilitare l’accesso alla terra e la creazione di strutture economiche e di autofinanziamento locale. In tal modo si configura come sistema organico umano».
La permacultura ha sviluppato un’etica fortemente relazionata alla consapevolezza della necessità della sopravvivenza per tutti sul pianeta. Sotto questo profilo la permacultura si propone la cura della terra, la cura delle persone e l’investimento del surplus di tempo, denaro e materiali al fine di realizzare questi obiettivi. I modi in cui possiamo realizzare questi principi etici nella nostra vita sono:
- considerare le conseguenze a lungo termine delle nostre azioni e pianificare in direzione della sostenibilità;
- dove possibile, utilizzare specie locali o quelle adattate, note per essere benefiche, poiché l’introduzione sconsiderata di specie potenzialmente infestanti potrebbe disturbare gli equilibri naturali;
- coltivare la minore estensione di terreno possibile, pianificare sistemi a piccola scala, intensivi ed efficienti dal punto di vista energetico, piuttosto che sistemi su larga scala, estensivi e dispendiosi;
- produzioni diversificate e policolturali (in opposizione alla monocoltura) assicurano maggiore stabilità al sistema e sono in grado di fornire risposte più rapide ai cambiamenti di tipo ambientale o sociale;
- incrementare la produttività complessiva del sistema, considerando le rese fornite da piante annuali, colture perenni, pascoli, alberi e animali, e quantificando come resa anche l’energia risparmiata;
- utilizzare sistemi ambientali (solari, eolici e idrici) e biologici (piante e animali) a basso consumo energetico, per conservare e generare energia;
- reintrodurre la coltivazione di specie alimentari nelle città, come si è sempre fatto nelle società sostenibili;
- aiutare le persone a diventare autosufficienti promuovendo la responsabilità sociale;
- rimboschire e restaurare la fertilità dei terreni;
- usare ogni cosa al massimo livello possibile riciclando tutti gli scarti;
- vedere le soluzioni, non i problemi;
- impegnarsi laddove ha senso farlo (piantare un albero dove potrà sopravvivere; assistere le persone che vogliono imparare).

Ecologia applicata
Un percorso etico-filosofico oltre che un approccio pratico alla vita quotidiana: “ecologia applicata”, come viene definita nell’introduzione all’edizione italiana dall’Accademia Italiana di Permacultura. Ma non solo. La perma-cultura è una cultura portatrice di pace e di cooperazione e ci spinge a diventare coltivatori del nostro cibo (o almeno di una parte di esso) e a prenderci le nostre responsabilità per ogni azione che compiamo. L’atto di coltivarsi, anche solo sul proprio balcone, qualche piantina commestibile o qualche erba aromatica mette direttamente in contatto con quella natura che stiamo tradendo così sfacciatamente. Natura però senza la quale non potremo durare molto né come individui né come collettività umana. Come affermano gli autori del testo: «Le persone che forzano la natura in realtà forzano se stesse».
E mi piace riportare infine il pensiero conclusivo del libro in esame perché chiarisce veramente la dimensione onnicomprensiva di questa disciplina che mi auguro troverà un giusto seguito anche in Italia: «Per diventare persone complete dobbiamo percorrere molti sentieri; per possedere davvero qualcosa è necessario prima di tutto dare. Non si tratta di un controsenso: solo chi condivide le proprie multiple e diverse capacità, la propria vera amicizia, il senso di comunità e la conoscenza della terra, sa di essere al sicuro ovunque vada. Ci sono molte battaglie e avventure da affrontare: la lotta contro il freddo, la fame, la povertà, l’ignoranza, la sovrappopolazione e l’avidità; avventure nell’amicizia, nell’umanità, nell’ecologia applicata e nella progettazione avanzata. Tutto ciò potrebbe creare un’esistenza molto migliore di quella attuale, che potrebbe significare anche la sopravvivenza dei nostri figli. Per noi non c’è altro sentiero che quello della produttività cooperativa e della responsabilità comunitaria. Imboccate quel sentiero e la vostra vita cambierà in un modo che ancora non potete immaginare».
Bravo Bill.

INFO
“Per uscire dalla dipendenza energetica ed informativa della società dei consumi, portatrice di conseguenze gravissime per l'ambiente e gli esseri umani, è necessario cambiare punto di vista e aprire la mente ad un approccio pratico veramente globale per costruire una società più equa e rispettosa”. Per maggiori informazioni sulla permacultura, in Italia è attiva l’Accademia Italiana di Permacultura:
www.permacultura.it.

PER APPROFONDIRE
La serra Wallman – Come produrre cibo in città
Tratto da Introduzione alla permacultura

Un tipo di serra particolarmente adatto ai centri urbani è quello progettato dalla dottoressa Sonja Wallman per una zona densamente abitata di Berlino. Essendo un’orticoltrice entusiasta, la Wallman ha sviluppato serre simili anche nelle aree fredde del New Hampshire (Usa).
Tale serra differisce dagli altri modelli perché, anche nel freddo clima continentale di Berlino, non necessita di riscaldamento.
Ecco i principi progettuali di base su cui si basa la serra Wallman:
- non è una struttura a sé stante, ma viene addossata ad un’abitazione già esistente;
- è orientata verso il settore soleggiato (da sud-est a sud-ovest) e segue le esatte angolazioni del sole in estate e in inverno;
- il muro dell’abitazione e l’uso di vetri doppi evitano la dispersione di calore, così la serra è in grado perfino di conservare energia, dal momento che agisce come trappola solare e come zona di tamponamento termico;
- la serra agisce anche come filtro per l’aria migliorando la qualità di quella che attraversa la casa, una considerazione importante in aree pesantemente inquinate dal traffico.
In inverno, il sole scalda il muro posteriore dell’abitazione su cui poggia la serra che quindi serve da accumulatore di calore; il calore, raccolto durante il giorno, è irradiato all’interno dell’abitazione durante la sera. In questo modo è possibile ridurre le spese di riscaldamento (mediamente 250 giorni all'anno durante i quali, in genere, è richiesto il riscaldamento). In estate, la parte rivestita di materiale isolante del tetto inclinato protegge il muro posteriore della casa dai raggi diretti del sole. Alcune bocche d’aerazione, opportunamente predisposte nella serra e nel muro, dirigono la corrente d’aria.
Sfruttando in maniera adeguata le successioni colturali e lo spazio all’interno della serra e adottando metodi di raccolta appropriati (per esempio raccogliendo solo le foglie esterne della lattuga invece dell’intera pianta) in venti metri quadri di serra (vedi figura) è possibile produrre circa il 70% del fabbisogno di frutta e ortaggi di una famiglia di tre o quattro persone. Gi scarti organici della cucina, della serra e del giardino sono trasformati da lombrichi, posti in appositi contenitori, in composto molto nutritivo. Insieme alla pacciamatura anche il terreno viene rigenerato continuamente. Lungo il muro dell’abitazione vengono piantate erbe aromatiche, mentre lungo i muri vetrati esterni vengono coltivate varietà diverse di cavoli e lattughe. Quando la temperatura del terreno raggiunge i 23 °C, si può eseguire la piantagione estiva di piante annuali. Le piante invernali vengono poi rimpiazzate una a una da pomodori (su sostegni), cetrioli, fagioli rampicanti, nasturzio, basilico ecc. Le piante legnose o perenni rimangono al loro posto. Per facilitare la gestione dell’orto, si possono realizzare con dei mattoni aiuole rialzate e coibentate di circa 80 cm d’altezza, in modo da poter lavorare senza procurarsi il mal di schiena. Il lavoro richiesto da questo tipo di serra è stimato in un week-end per le piantagioni rispettivamente in estate e in inverno. Durante la stagione, le operazioni colturali, compresa l’innaffiatura, richiedono circa 15-20 minuti di lavoro al giorno. E in ogni caso, l’impegno necessario è più che compensato dal risparmio di tempo e di denaro che si ottiene evitando di dover comprare frutta e verdura ogni giorno.

 

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Categorie: Ecologia e Localismo,Ambiente

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