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Placenta, albero della vita

L’ostetrica Linda Manduchi ci spiega che cos’è la placenta, quali sono le sue funzioni e il profondo legame tra mamma e bambino da essa rappresentato

Marianna Gualazzi - 19/08/2014




«Ecco, questa è la placenta, guarda com’è bella!»: le parole dell’ostetrica Monica risuonano ancora precise nella mia mente. Avevo da poco dato alla luce mia figlia, quando Monica mi mise tra le braccia, in un catino che era stato preparato apposta per contenerla, la placenta che per nove mesi aveva fatto da tramite tra me e Ginevra.

Era in effetti bellissima: un albero, un fungo, una medusa, assomigliava a tante cose eppure aveva il fascino dell’ingoto, dell’incredibile e del soprannaturale.

Pochi giorni dopo la placenta di Ginevra è stata seppellita nel giardino della casa dei miei genitori, in un rituale casalingo che ha coinvolto nonni, bisnonni e zii. Sopra di essa abbiamo piantato un arbusto di mirto, che ora, a cinque anni di distanza è diventato forte e rigoglioso e dalle cui bacche abbiamo ricavato un ottimo liquorino!

Di fianco al mirto, da due anni, cresce un alberello di ibisco: è la pianta del mio secondo figlio Francesco, sotto la quale abbiamo seppellito la sua placenta. Questo ibisco ha una storia particolare perché è una pianta nata da una talea che aveva fatto mio nonno, scomparso due mesi prima della nascita di Francesco: il fatto che bisnonno e pronipote non si siano conosciuti in vita è per me fonte di grande tristezza, eppure so per certo che quell’albero li lega in qualche modo.

Prima di lasciarvi alla bella intervista all’ostetrica Linda Manduchi, che ha assistito il mio secondo parto, voglio raccontarvi di quanto i miei bimbi siano legati alle loro piante: quando li porto dai nonni le vanno sempre a visitare, le toccano e ne sono in qualche modo attratti. Se ne prendono cura innaffiandole, guidati dalla bisnonna.

Mi piace pensare che la loro placenta viva ancora in questi alberi, che li nutra e che sia un tramite non dimenticato, ma anzi venerato e rispettato, tra questo mondo e un altro, di cui non abbiamo più memoria e nel quale, forse, siamo destinati a ritornare.

Che cos’è la placenta e come si forma?

Definire la placenta è molto semplice se ci soffermiamo alla definizione scientifica: si tratta di un organo altamente differenziato che svolge numerose e importanti funzioni.

Fa parte degli annessi embrio-fetali insieme alle membrana, al liquido amniotico e al funicolo (cordone ombelicale).

La placenta si forma dalle stesse cellule dalle quali deriva l’embrione: possiamo dire che embrione e placenta hanno la stessa derivazione genetica. Dopo la fecondazione dell’ovulo da parte dello spermatozoo, iniziano una serie di moltiplicazioni e divisioni cellulari complesse, atte a differenziare parte delle stesse cellule in placenta e altre in feto. Questo processo crea allo stesso tempo una struttura di collegamento, il cordone ombelicale. La placenta è un vero e proprio organo che completa la sua formazione nei primi 3-4 mesi di gravidanza, tiene separato il sangue materno da quello fetale anche se permette lo scambio tra i due attraverso la barriera placentare.

La placenta crea un rapporto intimo tra mamma e bambino, fatto di scambi.

A fine gravidanza arriva a pesare 500-600 gr, ha forma discoide e la parte rivolta verso il bambino può assomigliare per chi osserva di un bellissimo albero dai numerosi rami.

Quali sono le sue funzioni?

Attraverso la placenta si crea un passaggio continuo e ininterrotto di ossigeno, sostanze nutritive, anticorpi e ormoni e allo stesso tempo viene allontanata l’anidride carbonica e le sostanze di “rifiuto”.

Da questo si può capire come la placenta svolga tante funzioni: diventa polmone, fegato, rene, sistema ormonale, stomaco.

Cosa possiamo fare per contribuire al buon funzionamento della placenta durante la gravidanza?

Durante la gravidanza, sin dalle primissime settimane è necessario assecondare ciò che gli ormoni (progesterone) determinano.

Fondamentalmente è sufficiente cogliere gli stati fisici ed emotivi: la grande stanchezza data dall’azione di alte concentrazioni di progesterone, la necessità di aumentare le ore di sonno, la necessità di rallentare i ritmi di vita per dare la possibilità alla placenta di mettere “radici profonde” all’interno della parete dell’utero.

Se la placenta è unita saldamente all’utero quindi alla madre, si creano delle buone basi per la gravidanza.

Uno stile di vita sano è l’altro elemento che può aiutare il buon funzionamento della placenta in quanto lo stress cronico è un nemico della gravidanza. Lo stress cronico stimola l’asse ipotalamo-ipofisisurrene con l’aumento della secrezione di cortisolo, sia da parte della mamma, sia da parte del feto-bambino, con effetti negativi.

Tutto ciò si potrebbe tradurre in un parto prematuro o nella nascita di bimbi a basso peso; oppure tanto cortisolo potrebbe portare alla nascita di bambini molto agitati perché il loro imprinting prenatale è stato caratterizzato da alti livelli di questo ormone.

Quindi cosa può aiutare la mamma durante la gravidanza?

Sicuramente il rispetto dei suoi tempi, l’ascolto di se stessa e del bambino, il rilassamento, la meditazione, lo yoga, l’esercizio fisico e non ultima l’alimentazione sana.

Che cosa accade alla placenta a parto concluso?

Quando il bambino nasce in ospedale, avvenuto il secondamento (ovvero il distacco della placenta dall’utero e la sua fuoriuscita dai genitali esterni) la placenta viene smaltita nel rifiuti organici in quanto materiale organico di rifiuto.

Quando la nascita avviene a casa, la placenta si riappropria del suo valore in quanto organo della stessa derivazione genetica del feto/bambino e come tale non viene cestinata: spesso i neo genitori la sotterranno e sopra di essa piantano un albero.

 

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Articolo tratto dalla rivista nr. 37


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Categorie: Critica al Sistema Sanitario,Naturalmente bambini e genitori










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