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Per il clima «noi» possiamo fare quasi quanto il protocollo di Kyoto

di Franco Foresta Martin - 05/11/2009




Se a ridurre le emissioni nazionali di gas serra non provvederanno Obama e Hu Jintao, niente paura, saranno i popoli a salvare il pianeta con i loro comportamenti energetici e ambientali più virtuosi. Anche se può sembrare una forzatura, sembra proprio questo il messaggio implicito in uno studio che viene pubblicato oggi sui Proceedings of the National Academy of Science (PNAS) degli Stati Uniti. Un gruppo di sociologi, economisti e ambientalisti americani, conti alla mano, dimostra che le sole azioni domestiche, attuate con impegno e costanza, già nell’arco di un decennio potrebbero abbattere l’anidride carbonica di percentuali significative, paragonabili a quelle richieste dal Protocollo di Kyoto (titolo dello studio: Household actions can provide a behavioral wedge to rapidly reduce U.S carbon emissions, primo firmatario il sociologo Thomas Dietz della Michigan State University).

 

Ma quali sono le azioni domestiche che potrebbero avere, non solo negli Stati Uniti, su cui sono focalizzati i calcoli della ricerca, ma anche nel resto del mondo industrializzato, effetti così benefici per il risparmio energetico e la salute del clima? Gli autori dello studio indicano 17 tipologie d’intervento. Ecco alcuni degli esempi più praticabili.

 

IN CASA - Innanzitutto l’isolamento termico degli edifici, responsabile di considerevoli perdite di energia che fanno raffreddare le case d’inverno, nonostante il riscaldamento, e arroventarle d’estate, richiedendo più raffrescamento del necessario. I punti più deboli da isolare: le coperture e gli infissi. Poi, occhi agli stessi impianti: caldaie e condizionatori, spesso inefficienti, i quali a fine vita devono essere sostituiti con apparecchi più risparmiosi. Per gli edifici di nuova costruzione, non dimenticare che esistono criteri architettonici ormai ben sperimentali per favorire il condizionamento interno. Un’attenzione speciale deve essere posta alle modalità di uso di tutti gli apparati domestici: senza nulla perdere in comfort, vanno eliminati gli eccessi di caldo e di freddo intervenendo costantemente su termometri e temporizzatori. Inutile, per esempio, tenere al massimo la temperatura degli scaldabagni elettrici, che divorano fiumi di energia; oppure scegliere programmi di lavaggio lunghi ed energici per capi di biancheria non troppo sporchi. Ancora, non è affatto trascurabile in termini di risparmio, staccare le spine degli apparecchi elettrici che continuano a consumare energia anche quando sono apparentemente spenti (posizione di standby).

 

IN AUTOMOBILE - Passando a quella che nei Paesi industrializzati può essere considerata la casa itinerante, dove spesso si trascorrono alcune ore al giorno, cioè l’automobile, anche per essa valgono i criteri di corretta manutenzione che fanno risparmiare significative quantità di carburante. Particolari di solito trascurati da chi compie quotidianamente lunghi percorsi: l’abolizione della guida cosiddetta brillante, con accelerazioni e frenate continue; la riduzione delle velocità massime di crociera; l’adozione di pneumatici a basso coefficiente di attrito. Anche in questo caso, a fine vita del veicolo, va attentamente meditata la sostituzione con uno a motorizzazione più efficiente. Insomma, all’atto dell’acquisto, non badare solo all’estetica, ma soprattutto ai consumi.

 

L'EFFETTO - Detti così, più che provvedimenti per conseguire decisive riduzioni delle emissioni riscaldanti (oltre che degli inquinanti ordinari), sembrano azioni di buonsenso per risparmiare energia e spendere meno. Ma gli autori della ricerca PNAS calcolano che, se sistematicamente adottate negli Stati Uniti, queste azioni portano in un decennio all’abbattimento del 7,4 % delle emissioni nazionali. Anche se gli autori non estendono il calcolo ad altri Paesi, aggiungono tuttavia che risultati più o meno simili si potrebbero raggiungere negli altri Paesi industrializzati, con percentuali eguali o più elevate nel caso di sistemi energetici complessivamente inefficienti, come quelli di Canada e Australia; e percentuali più ridotte nei Paesi dell’Europa Occidentale, già dotati di sistemi mediamente più efficienti.

 

INCENTIVI - Se si considera che nei dieci anni successivi all’approvazione del Protocollo di Kyoto, i provvedimenti presi dai governi hanno in genere fallito, tranne pochissime eccezioni, obiettivi di riduzione delle emissioni di appena il 5,2%, la rivoluzione dal basso proposta da Dietz e collaboratori appare allettante. A patto che, aggiungono gli autori, siano assunti tutti quei provvedimenti per favorirla: campagne di informazione di massa e incentivazioni. Alla vigilia di una Conferenza mondiale sul clima di Copenaghen il cui successo non è affatto scontato, sembra una proposta più che ragionevole.

 

Franco Foresta Martin

 

Testo tratto da www.corriere.it.

 

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Categorie: Ambiente

















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