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La guerriglia è verde

- 12/02/2010





Spesso sono proprio le situazioni problematiche, i momenti di crisi, a far emergere soluzioni creative e nuove visioni. Succede così che a New York, all’inizio degli anni ‘70, un gruppo di persone reagisce alla crisi fiscale improvvisandosi “guerriglieri verdi”.
La parola guerriglia non deve però portare fuori strada. Siamo davanti ad un gesto di protesta assolutamente pacifico che non centra nulla con la violenza.


Le origini del giardinaggio critico

Nel 1973 l’artista Liz Christy chiama a raccolta un gruppo di amici e vicini di casa per trasformare un pezzetto di terra abbandonato nell’area newyorkese di Bowery Houston in un giardino. Vengono piantati così i primi semi del guerrilla gardening (giardinaggio guerrigliero), che cresceranno rigogliosi in America e si diffonderanno successivamente in Europa.

A voler essere precisi, però, esistevano già rinomati giardinieri di questo tipo attivi prima dell’invenzione del termine “guerrilla gardening”. Si tratta di Gerald Winstanley e The Diggers (gli Zappatori) attivi in Inghilterra, nel 1649, e John Chapman soprannominato "seme di mela", che operava invece nell'Ohio, USA, agli inizi del 1800.
Poi ci sono stati i lavoratori dello Utah, sempre negli Stati Uniti, che spargevano clandestinamente i semi delle loro mele lungo le rive dei fossati che stavano scavando; adesso le banchine dei canali sono piene di meleti.
I lavoratori delle piantagioni di banane Tacamiche nell'Honduras, facevano invece crescere illegalmente ortaggi nelle piantagioni abbandonate, invece di lasciare la terra alla chiusura della piantagione.


Chi semina raccoglie: la guerriglia verde si espande


L’idea di fondo del guerrilla gardening è quella di praticare il giardinaggio come un gesto politico per far sì che la comunità locale si rimpossessi del terreno urbano. Non si tratta solo di abbellire con piante e fiori le zone dimesse della città, ma anche di coltivare cibo, ritrovare il senso della comunità, dare ai bambini dei posti sicuri dove giocare.
Spesso i gruppi che praticano il guerrilla gardening sono infatti legati alla permacultura o alle problematiche riguardanti i diritti della terra.

Il gruppo newyorkese Green Guerrilla, quello originato da Liz Christy, conta oramai più di 600 gruppi di guerriglieri verdi, a cui distribuisce piante, materiali e preziosi consigli. Fornisce assistenza per organizzare eventi e coinvolgere la comunità locale. Non solo: per alcuni gruppi agisce anche come sponsor fiscale, aiutandoli ad ottenere fondi per migliorare i giardini e pianificare campagne di sensibilizzazione. In altri casi la sua consulenza si concentra nell’aiutare i gruppi che coltivano ortaggi nella coltivazione e nella distribuzione dei loro prodotti.

Quando l’azione dei singoli guerriglieri si unisce assistiamo a eventi di grande impatto, come nel maggio del 1996, quando circa 500 attivisti affiliati a “The Land is Ours” (La terra è nostra) occupano 300 acri di terreno abbandonato, appartenente alla Guinness, sulle rive del Tamigi, nella parte sud di Londra. Fra loro vi è anche George Monbiot, giornalista ambientalista di “The Guardian”. La loro azione voleva denunciare “il terrificante misuso della terra urbana, la mancanza di case popolari, e il deterioramento dell’ambiente urbano”.

Un’altra incursione che ha suscitato grande interesse è stata quella organizzata il primo maggio del 2000 da “Reclaim the Streets” (Rivendica le strade), un collettivo di attivisti che sostiene la proprietà collettiva degli spazi pubblici. Quel giorno è avvenuto un “attacco di massa” nella piazza del Parlamento di Londra, con tanto di parata carnevalesca accompagnata da band di samba, mentre qualche migliaio di "giardinieri" occupavano la piazza piantando fiori e ortaggi.

Il guerrilla gardening approda in Italia con qualche ritardo, ma ha già i suoi ferventi sostenitori, e vanta un “attacco” collettivo a Torino nel 2007, ad opera del gruppo Badili badola (in piemontese "bighellone"), nato nell'ambito del meetup amici di Beppe Grillo di Torino.
Esistono oramai diversi gruppi territoriali, a Roma, Treviso, Torino e Milano, e un sito ufficiale (www.guerrillagardening.it) dove i guerriglieri sparsi sul territorio nazionale si scambiano informazioni, consigli e pubblicano le foto dei loro “attacchi” verdi. A Milano è in corso un bellissimo progetto per ridare un volto nuovo al cantiere della darsena che, dopo essere rimasto chiuso per diversi anni, è diventato un luogo dimenticato pieno di bottiglie e cartacce.

Istruzioni per aspiranti guerriglieri


A questo punto, chi volesse intraprendere la strada di guerrigliero verde può scegliere se compiere i propri “attacchi” durante la notte, in relativa segretezza, o lavorare più apertamente, cercando di coinvolgere le comunità locali.

Il primo passo è comunque individuare un terreno abbandonato nella vostra zona: scegliere un posto vicino a casa permette di prendersene cura più facilmente.
Poi si pianifica la missione, invitando amici o arruolando sconosciuti che condividono le vostre idee sui siti di riferimento.
Si deve poi trovare un fornitore locale di piante, meglio se a buon mercato: alcuni vivai potrebbero avere delle piante da donare alla causa.
E’ importante scegliere piante robuste, che sappiano badare a se stesse, pensando all’impatto visivo – colori, fogliame da sempreverdi, dimensioni - per poter creare un’area verde che duri tutto l’anno.
E’ indispensabile procurasi dei sacchi per eliminare i detriti: vanno bene sacchi da compostaggio o da materiali edili.
Le piante vanno innaffiate regolarmente: il guerrigliero ha infatti la responsabilità di prendersi cura dei propri interventi.
Per sferrare il proprio “attacco” alle aree di difficile accesso sono perfette le “bombe di semi”, composte da semi e terreno, avvolti in una “capsula esplosiva”.
Infine passate parola: informate i residenti su cosa avete fatto, infilando volantini sotto le porte, oppure affiggendoli sulle cabine telefoniche, alle fermate dell’autobus... Accogliete con favore la stampa e i media locali, che spesso, raccontano i guerriglieri provetti, si sono offerti di contribuire ai costi dell’iniziativa.

Le incursioni dei guerriglieri verdi sono, infatti, accolte generalmente con benevolenza. Il gruppo di Treviso l’ha sperimentato in prima persona. Gli agenti della polizia locale che avevano colto i guerriglieri in flagrante, dopo aver letto il loro volantino informativo li hanno lasciati continuare, commentando: “bravi, fate con comodo” (http://ggtv.altervista.org/blog/).

Forse perché, come dice qualcuno, “i guerriglieri del verde fanno di notte quello che le amministrazioni locali dovrebbero fare di giorno”.


Testo di Martina Turola

 

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Categorie: Ecologia e Localismo,Ambiente




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