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Cosa sono le Transition Towns?
Scoprilo sul Consapevole 17!

Cambiare prospettiva. Guardare gli eventi da un altro punto di vista. Trasformare una situazione apparentemente negativa, in un’occasione di cambiamento positivo. Cambiare. Prepararsi al cambiamento. Allenarsi per la transizione.
Perché un cambiamento, e anche grande, ci sarà di certo e coinvolgerà principalmente il nostro stile di vita sviluppatosi sulla scia della grande disponibilità di combustibili fossili a buon mercato: disponibilità e buon mercato che – ed è sotto gli occhi di tutti – stanno tristemente per terminare. Ma proprio qui sta il punto: siamo sicuri che questa fine sia così triste, tragica e senza speranza?
«La crescita è la vera utopia – scrive Maurizio Pallante nella prefazione al Calendario della Decrescita 2009 – l’aumento del prezzo del petrolio e la diminuzione della sua disponibilità porteranno inevitabilmente alla decrescita delle attività produttive. Se a questo aspetto si sommano gli effetti della crisi finanziaria americana dei derivati che sta per arrivare in Europa, e si aggiunge la crisi industriale – un fatto inevitabile dal momento che ormai abbiamo tutto quello che ci è necessario e anche di più – ci rendiamo conto che la prospettiva della decrescita è una prospettiva molto realistica. Il problema è fare in modo che questa decrescita, che comunque ci sarà, non sia una decrescita devastante – perché subita senza aver fatto nulla per attenuare le conseguenze negative – ma una decrescita controllata, voluta, gestita, che ci consenta di riscoprire un modo di fare, di lavorare, di rapportarci con noi stessi e con il mondo che abbiamo dimenticato in tempi rapidissimi. La decrescita può essere l’occasione per riscoprire tutti quei modi di vivere che hanno una potenzialità di futuro molto superiore alla mancanza di capacità di futuro che ha una società economica fondata sulla crescita del PIL e sulla produzione di merci».
Se la crescita è la vera utopia e nella decrescita risiede la nostra capacità di futuro, allora due importanti fenomeni come il picco del petrolio e il mutamento climatico possono essere la più grande opportunità mai presentatasi fino ad ora all’uomo contemporaneo. L’opportunità di cambiare.
Avete presente la curva del picco del petrolio? La curva – che la forma tipica di una campana – ci dice che ad un certo punto della storia viene raggiunto un picco, detto picco di Hubbert, che rappresenta il massimo storico delle capacità di estrazione. Successivamente al picco, il ritmo a cui il petrolio viene estratto inizia a decrescere progressivamente, fino ad arrivare a zero.
E se dopo la discesa post picco ci fosse di nuovo una salita? Se quella discesa a zero non fosse altro che una rampa di lancio per risalire di nuovo e approdare a qualcosa di diverso?


Guarda le bellissime immagini delle Transition Towns della Nuova Zelanda!

Con la testa con il cuore con le mani
Se il picco del petrolio fosse, in definitiva, una grande opportunità? È questa la filosofia che anima il movimento culturale della transizione (Transition Culture), nato in Inghilterra dalle idee e dai progetti di Rob Hopkins – ex insegnante di permacultura ora stabilitosi a Totnes, capostipite delle Transition Towns nel Regno Unito. Dalla cultura della transizione derivano le città della transizione: scopo delle Transition Towns è quello di cercare di capire in che modo una comunità può rispondere ai cambiamenti e alle opportunità messe a diposizione dalla correlazione dei due fenomeni sopra citati: picco del petrolio e riscaldamento globale. La cosa interessante è che qualsiasi città, villaggio, metropoli può avviare un progetto di transizione: il punto è proprio questo, permettere alle comunità di lavorare nel luogo in cui si trovano, nel qui ed ora, nel momento presente e con le capacità attualmente disposizione all’interno della comunità stessa. Ogni città, in questo senso, può diventare una Transition Town. Ma qual è il punto di arrivo? Verso cosa si è in transizione? Lo scopo è dare vita ad un Energy Descent Action Plan ovvero ad un Piano di Discesa Energetica capace di ridurre il consumo di energie dell’intera comunità.


Visita il sito di Totnes, capostipite delle Transition Towns


«Le Transition Towns – ci racconta Ellen Bermann, esperta in Italia di Transition Towns – sono delle esperienze di resilienza locale (per resilienza intendo la capacità di una comunità di essere autosufficiente rispetto all’esterno per quel che riguarda il cibo, l’energia e le attività economiche) in cui si prendono in considerazione due effetti ambientali molto importanti e attuali: uno è il cambiamento climatico e l’altro è il picco del petrolio. Spesso i due aspetti vengono considerati in maniera separata, ma se andiamo ad analizzarli in modo olistico possiamo renderci conto del fatto che sono due facce della stessa medaglia. La cosa più appassionante e interessante delle Transition Towns è l’approccio estremamente positivo capace di far presa sul livello locale della nostra esperienza di vita: non tutti avremo modo di emigrare in un eco villaggio, quindi è necessaria una modalità di approccio che prenda in considerazione il dove effettivamente le persone vivono: nei loro paesi e nelle loro città. Ed è lì che bisogna trovare delle soluzioni: sull’esistente».

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Consapevole 17 ottobre/dicembre 2008!


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