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Allergie: a cosa sto reagendo?

Silvia Caldironi - 06/06/2008




Passano gli anni, ma quando comincia a spuntare quel bel sole primaverile sul davanzale delle nostre finestre, per quasi dieci milioni di italiani, comincia a risvegliarsi l’incubo delle allergie. Negli ultimi anni si sta infatti assistendo ad un notevole incremento del numero di persone (sia tra i bambini che tra gli adulti) che presentano manifestazioni allergiche di vario tipo, in particolare “allergie stagionali”; si calcola che in pochi anni la percentuale di persone che in Italia ne soffre sia passata dal 10 al 15-20%, interessando così una vasta fetta di popolazione.

Ma cosa si nasconde dietro questo fenomeno di massa? Perché alcune persone ne soffrono ed altre no? Nonostante tutte le persone vengano a contatto con gli allergeni, infatti, solo alcuni ne risentono al punto da sviluppare una reazione di tale portata. Inoltre a volte è la stessa persona a soffrirne “a spot” in certi periodi della vita, e quindi in modo non sistematico, come mai? Molte manifestazioni allergiche esplodono infatti sovente in modo apparentemente inspiegabile ed inaspettato e spesso scompaiono in modo altrettanto misterioso. Per chiarire alcuni di questi interrogativi è necessario soffermarci a riflettere sul concetto di allergia ed a quanto la sua voce (che corrisponde alla manifestazione allergica) costituisce solo la punta dell’iceberg di un fenomeno ben più esteso.

L’uomo si allontana sempre più dalla natura, dai suoi ritmi, dalle sue forme e conseguentemente anche dai suoi istinti primordiali. Il contatto con la terra viene sostituito da pavimenti tirati a lucido, gli alberi da muri dipinti a trattati e gli elementi da oggetti puliti e disinfettati. Si è ormai arrivati alla convinzione che il termine “asettico” sia sinonimo di pulito, quando non è affatto così. Analizzando la realtà da questo punto di vista, non stupisce più che l’organismo reagisca violentemente a qualcosa di esterno, estraneo, tentando di difendersi, e di sfavorire il rapporto con gli altri e col mondo; con ciò che è “altro da sé”. La chiave profonda di lettura, in termini di allergie, è sempre connessa alla difesa ed alla paura. Il mondo viene visto come elemento estraneo, percepito come ostile e pericoloso, popolato da agenti potenzialmente nefasti (anche se non lo sono, vengono di fatto vissuti come tali) e dai quali ci proteggiamo attivamente dopo aver subito passivamente. Ecco perché le allergie colpiscono per esempio bambini, figli di madri iper-apprensive che “separano” il bimbo dal mondo, isolandolo per proteggerlo. I padri, a loro volta spesso esclusi da questo rapporto madre-figlio, sviluppano atteggiamenti di straniamento venendo così percepiti dal piccolo come “deboli” o addirittura assenti.

Analizzando l’aspetto aggressivo insito nella manifestazione allergica, è necessario spendere due parole sui miraggi di perfezione, ricchezza e pulizia su cui si basano le società economicamente sviluppate e propagandati su vasta scala dai media. In un contesto sociale ove tutto deve essere controllato e senza sbavature, non c’è più spazio per quella aggressività primordiale che in ogni essere si manifesta sia a livello macroscopico col proprio comportamento (di conquista, di corteggiamento, di difesa del territorio, di lotta etc..) che microscopico con le infinite piccole/grandi lotte combattute dal nostro esercito interno ovvero dal sistema immunitario. La progressiva, fisiologica, innaturale e sistematica repressione della rabbia “macroscopica” (o comportamentale), temuta e bollata quindi come manifestazione antisociale e pericolosa, non ha fatto certamente sì che questa abbandonasse definitivamente la nostra più profonda natura: come dire il fatto che non si veda non significa che questa non ci sia. Semplicemente la rabbia, a volte addirittura banali nervosismi, sono caduti nella fossa comune del pregiudizio sociale, divenendo emozioni tabù insieme all’invidia ed al rancore. Questo ha fatto si che l’uomo, vergognandosi persino di provare tali emozioni, le ha allontanate il più possibile dalla propria sfera cosciente e di comportamento, perdendo però contestualmente la capacità di gestirle, di riconoscerle e di dare loro la giusta importanza; in una parola le ha “messe in cantina”, senza potersene realmente liberare, dal momento che queste “corde” proprio come le corde ben più accettate dell’allegria, dell’amore, della gioia, fanno parte della natura dell’essere umano. Tale aggressività tenuta in cattività (nel senso letterale di in captivitas ovvero prigioniera, nelle nostre cantine) è perciò divenuta uno “scheletro nell’armadio”. Si aggiunge a questo il fatto che allontanandoci pian piano dal confronto con gli agenti esterni, abbiamo procurato che anche sul piano microscopico/interno, questa emozione non avesse appiglio per “scaricarsi” fisiologicamente. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: comportamenti violenti, voci di un’aggressività furiosa e repressa nel corso degli anni, imperversano sul piano macroscopico/sociale e non deve perciò stupire che questo avvenga anche sul piano microscopico.

L’allergia infatti altro non è che una esagerata risposta del nostro sistema immunitario ad un agente (detto “antigene”) normalmente innocuo ma che viene riconosciuto dall’organismo come dannoso. Si innesca dunque un’over-reazione: il processo infiammatorio vede coinvolti anticorpi (IpE) e varie cellule, in particolare i mastociti e gli eosinofili la cui attivazione porta al rilascio di mediatori chimici (istamina e citochine) responsabili dei sintomi. Nella mia esperienza professionale ho notato sovente quanto le persone allergiche risultino all’apparenza particolarmente controllate, tranquille, posate, misurate, miti, covando però contestualmente sotto la superficie una profonda aggressività repressa (di cui spesso non sono consapevoli ma che altrettanto spesso non vogliono vedere, né affrontare: non a caso si conoscono e sono conosciute come tranquille, accomodanti, gentili, generose). Tale discrasia crea un conflitto che esplode, guarda caso, proprio nel momento del confronto con l’esterno. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare questo è un bene e non un male per gli allergici, i quali trovano finalmente un modo per far fluire un’emozione completamente fisiologica che altrimenti non si concederebbero mai la possibilità di sfogare. A riprova di tale connotazione, ricordiamo che tra i farmaci più diffusi tesi a curare gli stati allergici troviamo i corticosteroidi, che sono potenti infiammatori. Essi inibiscono la risposta immunitaria eccessiva placando la manifestazione di rabbia, ma gli effetti collaterali (ipertensione, iperglicemia, aumento di peso, ulcere, acne, insonnia) mostrano, piuttosto che una risoluzione della problematica, una più preoccupante, dal punto di vista psicosomatico, “internalizzazione dello stato rabbioso”, il quale non si manifesta più esternamente ma viene “ricacciato giù”, ad un livello più interno, più profondo. Tale fenomeno che porta la problematica dall’esterno verso l’interno è detto “vicariazione regressiva”, il che significa che il sintomo, “inabissandosi”, perde ogni possibilità di comunicare il disagio (e quindi di sfogarsi), di portare l’attenzione sul conflitto che si consuma dentro il soggetto e conseguentemente di farsi sentire. In altre parole, perde le chances di essere ascoltato e quindi di essere un’opportunità costruttiva di autocoscienza per la persona che lo prova.

Un’altra cosa importante da analizzare è “a cosa” la persona reagisce, perché anche questo parla di lei. Le cause biologiche delle allergie possono essere di diversa natura. In questa stagione sicuramente i pollini la fanno da padroni, in particolare le graminacee sono fra le principali responsabili dei fastidiosi sintomi. Che cosa ci dice questo? Il polline, in chiave psicosomatica, rappresenta il seme, il vigore sessuale, la fecondità. “Difendersi” e “reagire” in modo inconsapevole ed incontrollato a questa sostanza significa rifuggire una natura passionale ed istintuale repressa. Non è un caso che le allergie colpiscano soprattutto le mucose, che costituiscono punti di accesso delicati e umidi, molto sensibili, spesso collegati alla sfera sessuale. L’allergia colpisce laddove si nasconde la paura di una relazione tra sé stessi (identificata nella parte che reagisce) e quella parte di mondo che innesca in noi la reazione. Ecco perché molto spesso “debutta” tra gli adolescenti in fase puberale (spesso anche in associazione all’acne). Le manifestazioni cliniche possono essere diverse e possono coesistere o succedersi nel corso della vita. Il sintomo più comune è la rinite allergica determinata da una infiammazione della mucosa nasale che causa starnuti, prurito e naso ostruito. Oltre a queste manifestazioni si possono frequentemente riscontrare congiuntiviti che portano a bruciore, prurito, arrossamenti e ad eccessiva lacrimazione. In particolare, lo starnuto e la tosse sono elementi di rifiuto (rifiuto del confronto con gli agenti esterni in oggetto), e rappresentano la volontà di allontanarli e di liberarcene; la forte lacrimazione, rappresenta il pianto e la purificazione per un sentimento che non è vissuto pienamente, che è represso perché “non in linea” con ciò che la persona vuole essere. Se la manifestazione comporta invece un grande prurito, questo incarna la necessità di soddisfare una pulsione incontrollabile di cui spesso la persona non si fa una ragione. A volte, la scarica di rabbia è talmente forte da “togliere l’aria”, “soffocare”, e sono questi i casi in cui si può assistere alla manifestazione dell’asma allergica che compromette la respirazione con tosse ed affanno. Altri farmaci normalmente usati per attenuare i sintomi sono gli antistaminici i quali contrastano l’attività dell’istamina, principale responsabile dei sintomi dell’allergia. E’ importante sapere che questi farmaci non guariscono la problematica e la sua origine, ma si limitano ad alleviarne i sintomi. La persona perde ulteriormente il contatto col mondo esterno, inabissando ulteriormente il conflitto, tanto che il principale effetto collaterale di questi farmaci è una diminuzione della capacità di concentrazione, di vigilanza e l’incremento di uno stato di sonnolenza. Alla luce di queste considerazioni, appare più che mai chiaro quanto un disturbo, anche fastidioso come può esserlo un’allergia, possa invece costituire un alleato prezioso aiutandoci a capirci meglio, ed a fare un lungo, appassionante e costruttivo viaggio verso noi stessi.

Silvia Caldironi - Consulente Psicosomatista e Coach Personale

 

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Categorie: Alimentazione e salute










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