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Cosa sono i FabLab

Nelle officine digitali del futuro rivivono la creatività e l’unicità delle botteghe artigiane: intervista a Fabrizio Cotza

La redazione - 14/04/2014




Seguendo il suo blog e la sua attività di consulente molto da vicino (è tra i nostri consulenti ;-)) sappiamo che Fabrizio Cotza alla crisi proprio non ci crede: o meglio crede che la crisi ci sia ma che venga amplificata da politici privi di idee, da imprenditori poco innovativi e da dipendenti privi di competenze tecniche e relazionali.

Anche perché Fabrizio è sempre attento al nuovo ed è ben consapevole che le opportunità e le potenzialità per cambiare il Paese ci siano eccome.

In particolare è diventato uno dei massimi esperti del fenomeno dei Makers e dei Fab Lab: lo abbiamo intervistato per capire meglio che cos’è la rivoluzione dei Fabrication Laboratories.

Che cosa sono i Fab Lab?

FabLab è l’abbreviazione delle parole “Fabrication Laboratory”, laboratori che, nelle intenzioni del loro inventore Neil Gershenfeld, dovevano essere luoghi in cui era possibile creare praticamente tutto, sfruttando strumenti innovativi, quali stampanti 3D e laser cutter.

In pratica sono vere e proprie officine creative in cui operano i cosiddetti “makers”, ragazzi appassionati del mondo digitale, ma intenzionati a riportare in auge le tradizionali botteghe artigiane. La principale novità è data dal fatto che si fondano sul concetto “open source”, ovvero sulla condivisione di idee, scoperte e progetti. Tutti contribuiscono simultaneamente alla crescita dei vari FabLab nel mondo che, nati poco più di 10 anni fa, sono già oltre 400, di cui una trentina in Italia.

Perché The Economist ha definito quella dei makers come la “terza rivoluzione industriale”?

In realtà è una concomitanza di fattori che renderà senza dubbio rivoluzionario questo fenomeno. Non se ne vedono ancora gli effetti solo perché siamo agli inizi.

Lo potremmo paragonare agli anni ’80 per i personal computer, quando sembravano un fenomeno di nicchia per pochi addetti ai lavori. Come ben sappiamo in pochi anni sono diventati strumenti comuni e fondamentali per tutti. Allo stesso modo tra non molto tutti utilizzeremo una stampante 3D, in grado di creare oggetti tridimensionali partendo da una scansione o da un progetto open source scaricabile direttamente dal proprio pc.

Per avere un’idea di quello che si può fare considerate che si va dalle nanotecnologie alla costruzione di case in argilla.

La rivoluzione consiste nel fatto che la personalizzazione di singoli oggetti avrà gli stessi costi della produzione in serie, aprendo così la possibilità di creare in autonomia tutto ciò che ci serve, dai mobili di casa all’abbigliamento, senza dover possedere una fabbrica e senza dover dipendere da altri.

Ci faremo da soli tazze, biciclette, sedie, premendo un tasto del nostro computer e azionando la nostra stampante 3D. 

Perché quella dei Fab Lab può essere una rivoluzione culturale e sociale oltre che economica?

Dopo il trionfo delle grandi corporation internazionali potremmo assistere al ritorno degli artigiani, questa volta in veste “digitale”. Questo significa anche un ritorno all’autoproduzione, al km zero e a una produzione adeguata agli effettivi bisogni, non più indotti da qualcuno che deve venderci le proprie merci, costruite per durare poco.

Nel momento in cui il consumatore e il produttore diventano la stessa persona il potere si sposta dall’alto verso il basso, diminuisce la forbice tra il mondo dei ricchi e quello dei poveri (oggi ampia più che mai) e ci si riappropria di approccio sano con gli oggetti, in quanto strumenti e non feticci da idolatrare. Questo significherà il ritorno a valori legati al benessere e alla natura (pensate solo al fatto che potremmo ridurre drasticamente il trasporto di merci).

Inoltre i FabLab nascono come luoghi aperti, in cui creare relazioni, a differenza delle fabbriche tradizionali divise in reparti e uffici, in cui i ruoli sono gerarchici se non addirittura contrapposti. Da qui il coworking, la condivisione in rete, la conoscenza open source. Ben diversi dall’antagonismo del singolo che deve vincere sugli altri, dal copyright che limita lo sviluppo delle idee e dall’arrivismo egocentrico che rende la vita arida e vuota.

Quali sono i Fab Lab italiani più innovativi e promettenti?

Grazie all’apporto di personaggi straordinari quali Massimo Banzi, creatore della scheda open source “Arduino” e Riccardo Luna, direttore della rivista “Wired”, il fenomeno FabLab è nato a Torino, per poi espandersi velocemente in tutta Italia.

Stanno facendo ottime cose quelli di Reggio Emilia e Firenze, i quali lavorano in sinergia con le imprese locali, ma sono in rapida evoluzione anche quelli di Roma (ce ne sono due, “SPQwoRk” e “Roma Makers”) di Palermo e di Milano (in particolare “We Make” e “Mio Cugino”), grazie alla totale dedizione dei loro responsabili. Ma altri FabLab interessanti sono nati anche a Cagliari (“Sardegna Ricerche”), a Chieri (“TechLab”), a Bologna, a Bolzano, a Cava dei Tirreni e a Trento (all’interno del bellissimo museo delle Scienze progettato da Renzo Piano).

Li ho conosciuti tutti personalmente e posso assicurarvi che rappresentano la parte più sana e innovativa del nostro martoriato Paese. 

A livello internazionale, ci sono aziende che stanno investendo o guardando con interesse a questa realtà?

Ovviamente le grandi aziende cominciano a chiedersi come poter trarre benefici da questo fenomeno, dal momento che difficilmente potranno contrastarlo.

Un primo segnale importante è venuto da Intel, che al Maker Faire di Roma svoltosi in Ottobre ha ufficialmente presentato “Galileo”, una scheda open source basata su Arduino e regalata a 1.000 Università nel mondo. Se una multinazionale fa un regalo di questo tipo significa che comprende l’utilità di stare all’interno di un fenomeno di questa portata, piuttosto che rimanerne fuori.

Per non parlare di tutto il mondo delle stampanti 3D, che sta crescendo a un ritmo impressionante e che è destinato a diventare uno dei business più interessanti dei prossimi anni.

Soprattutto i settori della meccanica, della medicina, dei trasporti, delle costruzioni e dell’abbigliamento verranno rivoluzionati nei prossimi dieci anni, aprendo a scenari che adesso solo in pochi riescono a intuire, ma che sovvertiranno il mondo dei produttori, così come quello dei consumatori. Ovvero di tutti noi.

 

La FabLab house Fab Lab House Project designed by the Institute for Advanced Architecture of Catalonia (IAAC).
Photographer: Adrià Goula www.patinunezagency.com 

 

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Articolo tratto dalla rivista nr. 36


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Categorie: Bioedilizia e Bioarchitettura,Decrescita

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