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Etichette: come leggerle?

Aromatizzanti, coloranti e stabilizzanti: impariamo a conoscere cosa mettiamo nel nostro piatto

Marina Mariani e Stefania Testa - 25/06/2012




L’etichetta di un alimento costituisce l’unica possibilità per il consumatore di conoscere cosa sta acquistando. Per questo motivo esiste una normativa che impone che siano riportate le informazioni essenziali per esprimere un giudizio sull’alimento posto in vendita. Pensateci: se non esistessero le etichette non potremmo scegliere. 

Il punto chiave delle informazioni riportate sulle etichette degli alimenti è costituito dall’elenco degli ingredienti. Grazie a questo elenco possiamo capire di cosa è composto l’alimento che introdurremo nel nostro organismo e che è destinato a diventare parte di noi. Non si sottolinea mai abbastanza il fatto che le sostanze nutritive contenute negli alimenti sono destinate a comporre il nostro organismo, rimpiazzando le inevitabili perdite e le usure a cui va incontro il nostro corpo durante lo svolgimento delle nostre attività quotidiane. Dunque è opportuno fare attenzione, in quanto materiali scadenti non potranno dare origine a un corpo sano. 

Com’ è fatta un’ etichetta 

L’etichetta di un alimento costituisce l’unica possibilità per il consumatore di conoscere cosa sta acquistando

Gli ingredienti di un alimento compaiono in un elenco decrescente per quantità, quindi ciò che viene menzionato prima è presente in quantità maggiore rispetto a ciò che viene menzionato in fondo all’elenco. Già da qui possiamo fare una valutazione della qualità e dell’effettivo pregio del prodotto. Gli additivi compaiono sempre in fondo all’elenco, in quanto sono contenuti (fortunatamente) in quantità molto ridotte. Su di essi si sente spesso sollevare qualche ragionevole dubbio, forse per via dei codici sibillini con cui, a volte, capita di vederli menzionati: E seguita da un numero compreso tra 100 e oltre 1000. 

L’Unione Europea ha autorizzato circa 350 sostanze additive divise in 26 categorie. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ne stima 2000 a livello mondiale. Per ogni sostanza viene stabilita la cosiddetta Dose Giornaliera Ammissibile (DGA), la quantità che può essere assunta dalla popolazione adulta nell’arco della giornata in modo sicuro. 

Coloranti e aromatizzanti 

Coloranti e aromatizzanti sono spesso associati alla chimica nel piatto, sono le sostanze che, di primo acchito, ci piacciono meno. Sono utili perché riportano l’aspetto del prodotto alle sue caratteristiche iniziali di freschezza e di fragranza che il trattamento industriale inevitabilmente altera. Le lavorazioni industriali hanno lo scopo di rendere stabili gli alimenti nel tempo, quindi di prolungarne la vita commerciale, fissandone al contempo le caratteristiche di sapore, consistenza, colore, odore. Il consumatore si sente rassicurato da caratteristiche sempre uguali di un determinato prodotto e istintivamente preferisce alimenti che gli sembrano appena preparati. I coloranti e gli aromatizzanti, con il loro effetto cosmetico, servono proprio a questo.

Come vengono indicati in etichetta? I coloranti hanno numeri dal 100 al 200. Si tratta quasi esclusivamente di molecole di sintesi che assicurano gialli brillanti, rossi vivi, verdi o blu intensi. In pochi casi abbiamo coloranti naturali: il giallo che deriva dalla curcuma (E 100), da millenni usato in India anche per la tintura di stoffe o il rosso carminio che deriva dall’essiccamento di uova e di adulto di un insetto, una cocciniglia. In questo caso un’etichetta corretta dovrebbe indicare (come già avviene negli Stati Uniti) l’origine animale del colorante in modo che il consumatore vegetariano ne sia informato. Per il momento noi possiamo solo memorizzarne il numero (E 120). Ricerche condotte su bambini e sulle loro reazioni al consumo quotidiano di prodotti che contengono coloranti hanno permesso di accertare che alcuni coloranti sono responsabili di provocare reazioni ipercinetiche, difficoltà dell’attenzione e riduzione dei tempi di concentrazione negli allievi di scuole elementari. Di fronte all’evidenza scientifica, l’Unione Europea ha rivisto le normative comunitarie che riguardano gli additivi prevedendo che in etichetta compaia la scritta: «Può influire negativamente sull’attività e l’attenzione dei bambini », quando sono implicati alcuni gialli e rossi (E 102 tartrazina, E 104 giallo chinolina, E 110 giallo tramonto, E 122 carmoisina, E 124 rosso cocciniglia di sintesi, E 129 rosso allura). Per questi sei comuni coloranti è stata anche abbassata la dose giornaliera ammissibile.

Anche la combinazione blu brillante (E 133), glutammato monosodico (E 621), giallo chinolina (E 104), aspartame (E 951), in base a uno studio condotto da Soil Association, presenta effetti neurotossici che non si evidenziano analizzando singolarmente le quattro molecole. 

Gli aromatizzanti non compaiono in etichetta contraddistinti da un numero ma da un’indicazione: aromi naturali oppure aromi. Quando troviamo l’indicazione aroma naturale per legge il 95% almeno di quella sostanza è di origine naturale, è ammesso al massimo il 5% di sostanza artificiale. 

La scritta aromi indica sostanze di tipo sintetico che possono riprodurre più o meno fedelmente sostanze presenti in natura. 

Consenvanti e stabilizzanti 

L’acido benzoico e i suoi sali (dall’E 210 all’E 219) sono sostanze antimuffa che troviamo in succhi e nettari di frutta, conserve ittiche, caviale, pasta di olive, caglio, maionese e anche nel succo di Aloe non sottoposto a trattamenti termici. L’Aloe, potente disintossicante con un effetto marcato nel rinforzare le difese immunitarie, ha un sapore che non piace a tutti. Se viene bevuto con una spremuta, il sodio benzoato presente nell’Aloe si lega agli acidi della frutta e aumenta la sua tossicità, che altrimenti si ha solo ad alte dosi. Il sodio benzoato (E 211) si può legare ai coloranti e in questo caso si verifica un’amplificazione della sua tossicità. 

Anche i solfiti (E 221-E 228) vengono aggiunti come antimuffa. Li possiamo trovare in conserve ittiche, frutta secca, fecola e fiocchi di patate, alcune marmellate e confetture, funghi secchi, uve da tavola (come trattamento post raccolta per garantirne la conservabilità fino alla tavola del consumatore) e vini. Possono provocare reazioni allergiche con difficoltà respiratorie, mal di testa, tosse e debolezza. 

È recente la comparsa, sull’etichetta dei vini, dell’indicazione della presenza di anidride solforosa e di solfiti (quando la loro concentrazione è superiore a 10mg/kg di uva) in quanto facenti parte di un elenco di sostanze dichiarate allergeniche. Possono essere sufficienti tracce di frutta a guscio, sesamo, sedano, senape, crostacei, uovo, lattosio, soia, arachidi per scatenare nel consumatore sensibile reazioni allergiche anche gravi. Per questo motivo in etichetta troviamo diciture come questa: «Possono essere presenti tracce di frutta a guscio perché lavorate nello stabilimento».

I polifosfati (E 452) sono una famiglia di additivi che hanno funzione stabilizzante, vengono aggiunti agli alimenti perché in grado di legare l’acqua dando un aspetto uniforme alla superficie del prodotto e un aspetto omogeneo al taglio. Svolgono anche una funzione antibatterica. Li troviamo nei formaggi fusi, nella fecola di patate, nelle carni in scatola, negli insaccati e spesso nei salumi cotti. Possono essere presenti anche in prodotti ittici surgelati e congelati. L’aggiunta di polifosfati permette di mantenere il turgore del prodotto perché viene trattenuta acqua (e naturalmente si ha un aumento di peso del prodotto). Un recente studio del Servizio Veterinario dell’Alto Adige dimostra che solo il 20% dei produttori di pesce surgelato dichiara l’aggiunta di polifosfati. I polifosfati interferiscono con l’assorbimento e il metabolismo di sali minerali (Calcio e Ferro) con conseguente calcificazione di tessuti molli, i reni soprattutto, inoltre ostacolano la fissazione del calcio, il che li rende sconsigliabili per bambini e per anziani con problemi di osteporosi. 

Concludiamo con qualche buona notizia: nessun problema se leggiamo in etichetta E 300 (acido ascorbico ossia la vitamina C), E 322 (lecitina di soia, un emulsionante), E 160 (carotene, un colorante arancione), E 200 (acido sorbico, un antimicrobico presente nelle sorbe), E 406 (agar agar, un’alga con proprietà addensanti). Un consiglio spassionato ai consumatori è quello di preparare personalmente i propri cibi, delegando il meno possibile alle industrie la nutrizione, e quindi la salute, dei propri cari.

Non si sottolinea mai abbastanza il fatto che le sostanze nutritive contenute negli alimenti sono destinate a comporre il nostro organismo

 

Stefania Testa 

È laureata in Scienze Agrarie a Piacenza. Si occupa da vent’anni di sicurezza alimentare e formazione nell’ambito dell’igiene degli alimenti. È insegnante di Kundalini Yoga e promuove stili di vita e alimentari rispettosi dell’ambiente. 

Marina Mariani 

È laureata in Scienze Agrarie a Piacenza. Da 28 anni è docente di merceologia e legislazione sanitaria presso il Politecnico del Commercio di Milano. È autrice di testi didattici ed è a capo del progetto “I kaki nostri”, incentrato sulla coltivazione di piante da frutta senza l’uso di veleni e sulla produzione di confetture senza aggiunta di additivi (per informazioni: ikakinostri@libero.it). 

 

 

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Articolo tratto dalla rivista nr. 29


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Categorie: Alimentazione e salute

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