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Guardare lontano

Marianna Gualazzi - 12/03/2015




Per cinque anni della mia vita ho vissuto sul confine franco-svizzero, vicino alla città di Ginevra, ai piedi della catena montuosa del Jura.

Sono stati anni molto belli, intensi e a volte anche molto difficili: avevo una bambina piccola cui badare e mi mancava moltissimo la vicinanza della mia famiglia e degli amici di una vita con cui avrei voltuo condividere gioie, dubbi e le tante ansie di una neo mamma alle prese con una piccola vita da accudire, un compagno da sostenere e amare, un lavoro impegnativo e una casa da portare avanti... Il mio sogno era quello di ritornare a vivere in Italia e ricordo che in alcuni momenti particolarmente duri contavo, segnandoli sul calendario, i giorni che mi separavano dal viaggio in cui avrei riabbracciato i miei cari e la mia terra.

A quel tempo vivevo in una casa molto bella, ai margini del bosco. La mattina aprivo gli scuri e il mio sguardo poteva spaziare lontanissimo, senza incontrare case e costruzioni. Guardando di fronte vedevo i campi e i boschetti, le case in lontananza erano poca cosa rispetto alla natura dominante: la piana del lago di Ginevra si apriva ai miei occhi con, sullo sfondo, le Alpi. La vista del massicio del Monte Bianco, con la cima più alta d’Europa spazzata dai venti, ha accompagnato la mia vita per tantissimi giorni: era sempre là, ogni volta che aprivo la finestra, o fuori di casa, camminando per campi e sentieri, rivolgevo lo sguardo a Sud.

Sempre dalle finestre del mio nido, facendo volare gli occhi verso Est potevo vedere la stretta gola in cui passa il fiume Rodano, appena uscito dal lago Lemano, per dirigersi verso Lione e il Mar Mediterraneo.

Ho guardato questi quadri naturali in primavera, estate, autunno, inverno: mi sono riempita gli occhi dei colori rosati dei tramonti che si riflettevano sulle nevi perenni del Bianco e ho cercato di guardare oltre le brume novembrine della gola delle Cluse, dove il Rodano scorre impetuoso.

Poi, dopo tanto desiderare, sono tornata in Italia. Dalle finestre nel mio appartamento cittadino appena ristrutturato il mio sguardo si spostava tra la vista della scuola e quella dell’ospedale: avevo un nuovo bambino tra le braccia e sentivo una grandissima nostalgia del luogo in cui fino a pochi mesi prima avevo vissuto, anche se, a volte, con difficoltà.

Ci ho messo anni per capire di che cosa esattamente avessi tanta nostaglia: mi mancavano i paesaggi, mi mancava poter spingere lo sguardo oltre, allargarlo, mandarlo lontano per molti e molti chilometri senza incontrare ostacoli.

Dieci giorni fa sono stata a un corso di cucina macrobiotica: il maestro che ci ha insegnato l’arte dello yin e yang aplicata ai fornelli ci ha ricordato quanto la vita contemporanea soffochi e ottunda i nostri sensi e ci ha fatto l’esempio di come la maggior parte di noi non abbia la possibilità di spingere lo sguardo in lontananza: guandando sempre vicino lo sguardo, esteriore e interiore, si atrofizza.

La certezza che tutto parte dal corpo mi sta giungendo da più direzioni in questo momento della mia vita: allargare i propri orizzonti visivi, farlo fisicamente lanciando il nostro sguardo il più lontano possibile è davvero un modo per allenare la nostra mente a una visione più ampia, onnicomprensiva, capace di andare oltre.

Andate dove i vostri occhi possono viaggare senza incontrare ostacoli per molti e molti metri: l’effetto benefico sarà immediato e sorprendente. 

Buona lettura!

Marianna Gualazzi

 

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Articolo tratto dalla rivista nr. 40


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Categorie: Ambiente,Crescita Personale


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