I miti, da sfatare, dell'agricoltura industriale
Perché l'agricoltura industriale non può sfamare il mondo e l'alternativa dell'agricoltura ecologica
Teo Gomez e Quico Barranco
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In un futuro non molto lontano, i produttori, davanti all’aumento della domanda, dovranno optare per la coltivazione ecologica senza uso di prodotti chimici.
Qualunque pratica agricola che non contamini l’ambiente e consumi una quantità di energia ragionevole, tenendo conto dello sforzo umano, dell’uso di macchine utensili e del consumo di concimi, può essere considerata ecologica.
L’agricoltura ecologica, pertanto, deve escludere, nella misura del possibile, l’utilizzo di fertilizzanti e insetticidi sulle piante. Nel caso degli animali, deve evitare, in generale, i regolatori della crescita, gli acceleratori e l’uso di farmaci e integratori alimentari.
Potremmo dire che l’agricoltura praticata anticamente era ecologica, dato che non si serviva né di fertilizzanti né di prodotti chimici per combattere le infestazioni o le malattie delle piante, ma dovremmo limitarci ai luoghi in cui l’agricoltura promosse delle civiltà, per sapere perché quella che metteremo in atto noi è “più ecologica” di quella, ad esempio, dei Sumeri.
L’agricoltura iniziò nel Vicino Oriente, nei delta dei fiumi Tigri ed Eufrate e lungo il Nilo. Le terre giovani, formate da materiale sedimentario trascinato dalle montagne (v. il capitolo “Suoli”), avevano un rendimento straordinario, non essendo mai state sfruttate.
La terra così formata produce raccolti abbondanti, senza avere bisogno di concime per diversi anni, dopodiché iniziano a mancarle dei componenti essenziali, ormai assorbiti dalle piante. Lungo il Nilo, le piene annuali trascinavano il fertile suolo delle montagne etiopi e lo depositavano, per tutta l’ampiezza della valle, su entrambe le sponde del fiume, rinnovando i nutrienti ogni anno. In Mesopotamia succedeva qualcosa di simile, ma l’ampliamento delle coltivazioni a terre non inondabili obbligò a concimare con gli escrementi del bestiame, per poter utilizzare il suolo in modo continuo. Gli ingegnosi sistemi di terra irrigua dei Sumeri e dei Babilonesi non tennero conto del fatto che quando l’acqua evapora, nelle irrigazioni per inondazione, rimangono depositati i sali dell’acqua, che si accumulano sulla superficie e con il tempo rendono la terra improduttiva.
I miti dell’agricoltura industriale
Gli ingegneri agronomi, i chimici e i politici in genere difendono l’agricoltura industriale come la sola opzione per sconfiggere la fame nel mondo. Perché? Per lo scarso rendimento dell’agricoltura biologica, che richiede una maggiore quantità di mano d’opera e dà minori risultati.
Primo mito
L’agricoltura industriale produrrà alimenti per tutti. Nei paesi poveri, molti agricoltori sono stati privati delle loro terre, dalle quali ottenevano alimenti di sussistenza, per fare spazio alla produzione di alimenti industriali come il tabacco e il cotone, che avvantaggiano solo i proprietari terrieri e il governo. In America Latina e in Africa continuano a esserci grandi aree non coltivate che potrebbero alimentare milioni di persone.
In Amazzonia si trasformano immense zone selvatiche in pascoli poco redditizi, per produrre hamburger destinati ai nordamericani. In molte zone dell’Africa basterebbe creare terre irrigue per far diventare redditizi centinaia di migliaia di ettari di terra oggi aridi e improduttivi.
Secondo mito
Gli alimenti industriali sono sani e nutrienti. Basta citare i pesticidi, gli insetticidi e la manipolazione genetica, che possono provocare il cancro a medio e lungo termine e pregiudicano l’ambiente.
Terzo mito
Sono meno cari. Il costo sociale e ambientale dei prodotti creati in grandi laboratori è molto elevato, per non parlare della dipendenza che essi determinano, in quanto espellono i piccoli agricoltori dalle loro terre e contaminano l’atmosfera e il suolo. Non è vero nemmeno che il rendimento nell’agricoltura industriale è maggiore, poiché è dimostrato che i piccoli appezzamenti coltivati in modo intensivo, come si fa in Giappone e in Italia, producono un rendimento molto maggiore sotto tutti gli aspetti. Anche il mito che le piante transgeniche sono più resistenti alle malattie è una falsità poiché, come vedremo, oltre a distruggere specie molto più gustose e nutrienti, queste richiedono insetticidi e pesticidi specifici e rendono l’agricoltore dipendente.
Tratto da Coltivare Orti, Balconi e Giardini Ecologici (Il Filo Verde di Arianna, 2011).
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Categorie: Autoproduzione e Riciclaggio creativo,Ambiente
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