Unschooling: quando il bambino impara vivendo
Con questo approccio il bambino apprende spontaneamente, libero, senza condizionamenti
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Nella nostra vita di famiglia “nomade” le mie figlie hanno sperimentato svariati tipi di apprendimento scolastico. Dalle piccole scuole di paese a quelle “affollate” di città, dalla scuola di una comunità autosufficiente nelle foreste del Costa Rica alla scuola pubblica.
Hanno appreso tramite informal learning nell’ecovillaggio di Ithaca negli Usa, per finire con esperienze di home-schooling e unschooling.
Per onestà devo dire che si sono trovate bene ovunque e credo che, relativamente all’educazione dei propri figli, l’unica strada da seguire sia quella che li fa “stare bene”.
Imparare naturalmente dalla vita
Fatta salva questa premessa vorrei spendere qualche parola in più sul concetto di unschooling (non scolarizzazione).
L’unschooling parte dal presupposto che il bambino sia uno studente naturale, e che la scuola, con le sue imposizioni e confinamenti (mentali oltreché fisici) non fa altro che disincentivare questa sua spontanea voglia di imparare.
Entrambe le mie figlie hanno imparato a parlare, leggere e scrivere in tre lingue e recentemente Kenia, la più grande, mi ha detto: “Papà, vorrei imparare il francese. Dove andiamo a stare per un po’?”. Questo è il loro approccio all’apprendimento.
La base dell’unschooling è che un bambino apprende spontaneamente e questo apprendimento deve avvenire nei suoi modi, nei suoi tempi e nel rispetto della sua individualità.
Secondo l’unschooling è fondamentale lasciare liberi i bambini di imparare spontaneamente senza condizionamenti né pressioni esterne, incluse quelle dei propri genitori. Kenia fino ai 9 anni non leggeva (sapeva ma non voleva) nonostante le pressioni della mamma.
Quando ho avuto l’intuizione che non leggesse proprio a causa delle pressioni della mamma, abbiamo deciso di lasciarla in pace.
Passati due mesi di “decondizionamento” ha iniziato da sola e non ha più smesso.
A scuola di emozioni
In generale in un percorso di unschooling le emozioni sostituiscono le nozioni, le quali non vengono negate ma diventano semplicemente una conseguenza naturale di un carattere (quello del bambino) che, avendo avuto modo di formarsi in maniera emotivamente stabile, desidererà apprendere spontaneamente.
In generale un unschooler apprende più lentamente rispetto a chi frequenta la scuola “normale”, ma in realtà la “lentezza” è propria della natura, dello sviluppo della personalità e del corpo, della consapevolezza di sé.
Concretamente una famiglia che pratica l’unschooling non crea un percorso scolastico per i propri figli, non dà loro compiti, non li sottopone ad esami per verificare i “progressi” fatti. Semplicemente offre loro la possibilità di seguire i propri interessi, fornendogli un ambiente educativo e di supporto adeguato.
In altre parole ascolto, dedicare loro del tempo e attenzioni, assecondare i loro interessi (e non stimolarli). In definitiva lasciarli essere se stessi.
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Articolo tratto dalla rivista nr. 50
Categorie: Naturalmente bambini e genitori
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