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Consapevole n.11 - Inflazione, pensioni, TFR: A QUANDO LE MUTANDE?

In primo piano Da Ground Zero a Via Caetani Cosa hanno in comune l’11 settembre e l’assassinio di Aldo Moro? Secondo Webster Griffin Tarpley, esperto di terrorismo internazionale, le radici dell’attacco al Word Trade Centre dell’11 settembre 2001 non sono da ricercarsi nella grotta afgana di Bin Laden, ma nella storia del terrorismo di Stato, realizzato tramite la NATO e la CIA nell’Europa occidentale nel secondo dopoguerra
La riforma del TFR: chi ci guadagna? Eugenio Benetazzo, Marco Della Luna, Pierluigi Paoletti: le opinioni “indipendenti” sulla riforma del trattamento di fine rapporto e la previdenza complementare: i rischi che corre il lavoratore e quali sono i reali soggetti beneficiari della riforma. Ovvero a chi giova? La Rivoluzione della Permacultura:coltiva il tuo cibo in 20 metri quadri Cura della terra, cura delle persone e investimento del surplus di tempo, denaro e materiali al fine di realizzare questi obiettivi: la permacultura non è soltanto un sistema agricolo, ma un pensiero etico e filosofico, di pace e di cooperazione Inoltre Ma il lavoro è ancora un valore? - Massimo Fini Modesta proposta al sindacalismo per continuare ad esistere: sciogliersi - Eduardo Zarelli Fidelizzati e controllati - Monica Di Bari Poco vicino sano: come cambiare il mondo (non) mettendo mano al portafoglio - Saverio Pipitone In un campo, a testa bassa. La raccolta delle erbe spontanee - Marianna Gualazzi I rifiuti nei polmoni. L’inceneritore del Gerbido - Marco Cedolin Vaccini e bugiardini - Romina Alessandri Quanto l’Europa ficca il naso nel nostro piatto
Anteprima TFR Perché sono tutti d’accordo? Intervista a Eugenio Benetazzo
Eugenio Benetazzo vive a Milano, è soprannominato ormai dalla critica mediatica il “Beppe Grillo dell’economia”. Operatore finanziario indipendente, i suoi interventi e le sue interviste sono stati pubblicati su diverse testate giornalistiche indipendenti. Eugenio ci ha gentilmente concesso questa intervista in materia di TFR. Come mai tutti sembrano essere così d’accordo sulla riforma del TFR? Destra, sinistra, sindacati, grandi imprenditori, banche, assicurazioni? La riforma del TFR è stata ampiamente pubblicizzata e propagandata come una sorprendete opportunità per il lavoratore dipendente, me l’opportunità è per tutt’altra parte: in particolare per il sistema bancario e parabancario. La riforma non è stata presentata con i rischi e i pericoli che comporta perché la stampa di settore in Italia è schierata e un certo tipo di informazione, che danneggerebbe l’elite bancaria, non può essere divulgata Siccome vogliamo dare questo tipo di informazione, cosa posiamo dire? Perché i lavoratori non devono investire il proprio tfr in un fondo? Dobbiamo prima di tutto capire cosa è successo in questi 4 anni al sistema del risparmio gestito in Italia: il sistema bancario che ha subito un vero e proprio drenaggio di liquidità dovuto a smobilizzi di capitale superiori agli investimenti. Ovvero il saldo tra investimenti portati dai risparmiatori e smobilizzi parziali o totali di investimenti precedenti è negativo. Il che si traduce, a seconda dell’anno di riferimento, da un 10 a un 20 miliardi di euro di deficit: il risparmiatore italiano ha richiesto indietro al sistema bancario e parabancario il denaro che precedentemente gli aveva affidato. Per quale motivo si è assistito a questo tipo di drenaggio di capitale? Innanzi tutto per le performance, in quanto il risparmiatore medio si è accorto che il sistema di gestione del risparmio è inefficiente e particolarmente oneroso: tramite le sue commissioni di gestione, di ingresso e di smobilizzo, carica costantemente di costi fissi e variabili il risparmio che viene allocato
Possiamo dire che la riforma del TFR è un modo attraverso il quale si permette alle banche di far cassa? Posso presumere che grazie a questa fenomenale manovra di previdenza complementare le banche potranno garantirsi, negli anni a venire, dei flussi di cassa certi, indipendentemente dall’andamento dei mercati finanziari o dalla volontà degli investitori. C’è un altro punto fondamentale da sottolineare: per quanto i media continuino a sottolineare quanto sia meravigliosa e straordinaria la riforma del TFR, in realtà ci troviamo di fronte ad un mutamento di scenario socio economico senza precedenti. Fino a 10 anni fa, al termine del periodo lavorativo, ci spettavano la liquidazione e la pensione, che poteva arrivare al 70 % dell’ultimo stipendio percepito. Ora ci stanno raccontando che non saremo più in grado di avere questo tipo di rendita pensionistica e le casse dell’INPS potranno arrivare a coprire pensioni pari al 50% dell’ultimo stipendio percepito. Per integrare il proprio tenore reddituale, il lavoratore si deve sacrificare e deve investire, deve assumersi un rischio (invece di accantonare come faceva prima) personale. Sta avvenendo qualcosa che non ha precedenti storici: lo stato italiano e l’attuale governo instaurano una vera e propria de-responsabilizzazione nei propri confronti e scaricano la responsabilità sui diretti interessati, sui giovani lavoratori. Se per caso, tu lavoratore, ti ritroverai ad avere una pensione modesta o addirittura un contributo in termini di pensione complementare aggiuntiva particolarmente risibile, noi (lo stato) non c’entriamo più nulla: sei stato tu che dovevi seguire l’andamento del mercato e che hai delegato il tuo sindacato ad accordarsi con il fondo pensione di categoria. Lo stato si de-responsabilizza. E da questo punto di vista tenta di portare il sistema pensionistico italiano vicino a quello statunitense, in cui c’è una cultura di qualche decina di anni sulla copertura pensionistica: ogni lavoratore americano ha, sin da giovane, un avvicinamento agli investimenti azionari, al capitale di rischio azionario, molto più accentuato e partecipe rispetto alla cultura italiana. Se fino ad ora la liquidazione era un importo certo, rivalutato anno dopo anno, e garantito per legge, quando andavo in pensione potevo contare su un importo che mi garantiva di iniziare con il passo giusto l’età pensionabile: con la liquidazione potevo estinguere un mutuo, aiutare i figli ad aprire un’attività. La liquidazione aveva un ruolo di natura socio economica. Ora, non solo non c’è più questo scalino, un montante di ricchezza che veniva trasferito da generazione a generazione. Ma un’errata allocazione di questa quote di TFR può compromettere il tenore e reddituale pensionistico del futuro. I giovani, per avere una pensione complementare, non possono contare sui fondi obbligazionari, perché sul lungo termine devono poter contare su una rivalutazione ampia delle quote accantonate, dato che da qui a 30 anni il sistema pensionistico italiano non sarà più capace di integrare con il 40%dell’ultima mensilità. Per cui la necessità del lavoratore sarà quella di puntare sui prodotti azionari, ma abbiamo visto come questi non sino performanti, e possono portare a spiacevoli sorprese.
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