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Essere salvatici per ritrovare la dimensione naturale

Imitare sistemi naturali e tornare alla terra è l’obiettivo dell’uomo del nuovo millennio

- 14/11/2016




“Siate salvatici”. Due parole lasciate da Leonardo da Vinci, da intendersi quali indicazioni… stradali. Salvatico è colui che si salva ed è anche quello che vive della e nella selva. 

Opportuno e utile consiglio per l’essere umano del Ventesimo secolo. 

Da un lato vi è lui, il non individuo. Partorito da una macchinario-civiltà che lo vuole addomesticato, uni-formato, standardizzato e genuflesso. Riempito di materia grigia del “sentito dire di altri”. Dall’altra parte l’individuo, leonardiano, il “salvatico”.

Quello che con curiosità si interroga sul funzionamento dei sistemi naturali e da essi si fa guidare.

Estrae ed apprende facendo esperienza diretta del rapporto con la Natura.

E quale miglior posto di un bosco, di una selva, per rappresentare la complessità e irrazionalità che si manifestano agli occhi degli uomini che vogliono incasellare in schemi comprensibili e ripetibili tutto ciò che incontrano? 

Una nuova evoluzione 

Guardandosi intorno è visibile: sta avvenendo una sempre più netta distinzione all’interno dell’Homo Sapiens, una sorta di speciazione, tra soggetti che pur convivendo lo stesso habitat, ad un certo punto, prendono rami evolutivi diversi. Il ramo madre crede ed è ben radicato nel mondo come lo ha ricevuto dalle generazioni precedenti, disinteressato a metter in discussione i postulati appresi, si trova a proprio agio rafforzando le convinzioni in cui è cresciuto. Deviando, un altro ramo cresce e si sviluppa: il ramo “figlio” acquisisce forza confrontandosi con tutte le difficoltà di far sbocciare nuove gemme.

Un movimento che si sta spostando, prima con la testa, poi segue tutto il resto, verso la “selva”, verso luoghi di disobbedienza, in cui poter ricreare una relazione senza intermediari con l’organismo-terra. Imitando i sistemi naturali ecco che nascono nuove reti con nodi diffusi che si auto-sostengono ed alimentano tramite forme di scambio di conoscenze e tecniche basate sulla esperienza diretta e partecipazione attiva. 

Tornare alla natura e riscoprire le proprie radici 

Così nasce il progetto del Laboratorio di Tanith. Ispirato alla Dea Madre fenicia, come simbolo del femminile che trova la sua forza nella relazione con la terra. In molte civiltà che si affacciano sul Mediterraneo si trova l’effige di questa donna stilizzata, che racchiude in sé gli archetipi della vita: un arco in alto (la luna), un cerchio (il sole), una linea orizzontale (collegamento- separazione cielo-terra) e un triangolo equilatero (la terra). Il Laboratorio di Tanith opera per creare momenti in cui condividere esperienze dove tutti siamo collegati, con le nostre radici immerse in terreni sempre più fertili e nutriti dalla diversità di chi ci sta operando. 

Nel riacquisire questa connessione è prioritario riappropriarsi dei cicli sottesi a processi naturali. Il prendersi cura di un orto, per poi procurarsi un raccolto con cui fare la base della propria alimentazione quotidiana, è un passaggio che potremmo dire “obbligato”. La possibilità di accedere alla sperimentazione diretta dei processi è fondamentale anche per chi sceglie o è vincolato ad una vita in città. Anche l’orto dovrebbe imparare dalla “selva”, che non necessita di essere annaffiata; non conosce erbicidi, pesticidi o concimi chimici. Il bosco si auto- rigenera producendo varietà di piante e bacche, in un apparente disordine, progettato in divenire dai vari ospiti che si intrecciano supportandosi vicendevolmente. 

Il nostro cibo quotidiano, depauperato delle proprietà che in origine ci apportava, è il risultato anch’esso della disconnessione e paura trasmessa su tutto quel che è il mondo microbico. Un terreno fertile e sano, che sia un organismo animale o un habitat per delle piante, ha una grande varietà di vita visibile a microscopio generata da batteri, enzimi e funghi che si autoregolano senza che sia un prevalere di un soggetto rispetto ad un altro. La società “amuchina” sterilizza, rende sterile e, operando a suon di antibiotici, elimina ciò che è nocivo insieme a ciò che dà vita. 

Anche nel costruire insieme, il Laboratorio di Tanith, tramite la risposta ad un bisogno contingente (un intonaco in argilla, un rivestimento in cocciopesto, un forno, un pavimento, una stufa ecc.), convoglia quelle che fino a meno di un secolo fa erano conoscenze ed abilità diffuse. Artigiani specializzati trasmettono le basi delle proprie tecniche in un clima di giocosa convivialità, dove la fatica fisica diventa leggera tra tante mani, piedi, voci e risate che si intrecciano. 

 

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Articolo tratto dalla rivista nr. 46


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Categorie: Crescita Personale


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