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Pallante e la decrescita felice

Maurizio Pallante nelle valli del No Tav

Claudio Ughetto - 08/05/2007




Pallante e la decrescita felice

La sera del 12 aprile, alla Sede della Comunità Montana Valsangone di Giaveno, è stata un'ottima occasione per venire a conoscenza di parole come “decrescita”, “sobrietà”, “autoproduzione”, “reciprocità” e “scambio monetario”. Parole che, se non ereticali, possono sembrare incomprensibili in questi anni in cui i partiti di destra e di sinistra si propongono univocamente agli elettori dichiarandosi progressisti e mirando alla crescita e allo sviluppo.
Nella serata, organizzata dal giornale “Il Sangone” e introdotta da Ferruccio Marengo, Maurizio Pallante ha invece sostenuto, davanti ad un pubblico numeroso e interessato, che quanto è scritto sul suo libro “La decrescita felice” non è solo il frutto di elaborazioni teoriche. Parlare di decrescita è invece la via più logica e naturale per recuperare la nostra dimensione umana e nel contempo salvare il pianeta dalla predazione dovuta dalla cultura della crescita, esponenziale ed infinita, e dalla convinzione che solo producendo e consumando è possibile mantenere il benessere. Dati alla mano, è evidente che il cosiddetto periodo del “Boom economico” si è ormai esaurito da decenni: il consumo e il ricambio di merci sembra tuttora essere l'unico veicolo per far alzare il PIL (Prodotto Interno Lordo) dell'Italia e dell'Europa, tuttavia questo significa puntare sempre sulla novità, inventando bisogni fittizi che arrivano presto a saturazione. Soprattutto, l'obiettivo della continua crescita del PIL comporta un esponenziale aumento dell'inquinamento e della dispersione.
L'idea della crescita come paradigma assoluto è di per sé folle, ha spiegato Pallante, poiché non tiene conto del concetto di limite e, soprattutto, non è neppure conveniente. Basandosi sullo spreco, essa comporta grossi costi ed energie a scapito di una migliore qualità della vita. Trasporti internazionali di merci, maggior traffico e maggior consumo di carburante, costi del prodotto che s'innalzano notevolmente. Il libro di Pallante si apre con l'esempio dello yogurt fatto in casa che, oltre ad essere più genuino, rispetto a quello acquistato al supermercato presenta solo il costo del latte: il resto comporta un minimo di lavoro e l'attesa che i fermenti lattici entrino in azione. Inoltre si evita l'accumulo di rifiuti legato al confezionamento del prodotto.
In sostanza, entrare in un'ottica di decrescita significa non tornare “al tempo delle candele”, ma semplicemente recuperare modi di vita più razionali. Innanzitutto è necessario distinguere tra la produzione di “merci” e la produzione di “beni”. Negli ultimi anni predomina l'idea che solo le merci rappresentino un valore, mentre in realtà gli uomini hanno sempre prodotto, in ambito familiare e comunitario, beni che per l'esistenza sono di per sé un valore: si va dalla gestione di un orto in proprio al maglione che la mamma faceva per i figli, fino dal rivolgersi al ciabattino per aggiustare un paio di scarpe che altrimenti andrebbero buttate. Anche questo, dice Pallante, è “lavoro”; anche questo produce valore: tuttavia per la società mercantile, basata esclusivamente sulla produzione e sul consumo di merci, esso non è (più) importante. Inoltre, i beni sono sempre stati oggetto di scambi non monetari che hanno contribuito alla socializzazione e ai rapporti umani.
L'attenzione di Pallante va soprattutto alla tecnologia, che in un'ottica di decrescita non rappresenta sempre un pericolo ma va usata meglio. In un discorso di de-urbanizzazione, diventa essenziale costruire case con minor spreco di combustibile, mentre le aziende devono essere pensate per inquinare di meno. Può sembrare impossibile, ma in realtà ci sono imprenditori che hanno trovato nella decrescita le motivazioni per lavorare meglio. Tocca poi agli enti locali entrare nella stessa ottica, attivare non solo sanzioni ma anche incentivi. Rivolgendosi al popolo NO-TAV, per il quale ha stima, Pallante ha ribadito che non basta dire NO, bensì attivare proposte alternative per ridurre i bisogni. Sebbene con difficoltà, il movimento sta portando avanti una serie di riflessioni su concetti come partecipazione e democrazia che in parte sembrano andare nel senso auspicato.

Fonte: Opifice

 

 

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Categorie: Decrescita,Ecologia e Localismo




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